Introduzione
Nel vasto panorama medico della fine del XIX° e dell’inizio del XX° secolo, una figura si distinse per il coraggio intellettuale con cui sfidò i dogmi emergenti della medicina ufficiale: il Dottor Carlo Ruata. Nato a Montaldo Roero (CN) il 25 giugno 1849 e morto a Perugia l’8 marzo 1918, Ruata fu medico, docente universitario, igienista e autore prolifico. A lui si deve una delle più articolate critiche alla vaccinazione obbligatoria antivaiolosa, fondata non su ideologie negazioniste, ma su dati clinici, osservazioni empiriche e un’etica della medicina pubblica.
Questa figura, oggi per niente ricordata nei manuali di storia della medicina, rappresenta un punto di snodo tra due concezioni della scienza: una dogmatica e centralizzante, l’altra aperta, critica e sociale. In tempi recenti, il dibattito sui vaccini durante la “pandemia” da COVID-19 ha riacceso l’attenzione sul tema del dissenso medico e scientifico, rendendo l’opera di Ruata ancora più attuale. Scopo del presente saggio è analizzare la sua posizione teorica e pratica, confrontarla con quella di altri autori coevi e collocarla nel dibattito contemporaneo.

Il contesto storico e accademico
L’ultimo quarto dell’Ottocento è caratterizzato dall’affermazione della microbiologia come nuovo paradigma scientifico. La scoperta dei batteri patogeni da parte di Louis Pasteur e Robert Koch trasformò la medicina occidentale in una disciplina laboratoriale e sperimentale. Parallelamente, tuttavia, molti medici europei e italiani svilupparono una visione “igienista” e sistemica delle malattie, sottolineando il ruolo dell’ambiente, della nutrizione, dell’educazione e della disuguaglianza sociale.
In Italia, dopo l’unificazione del 1861, si cercò di uniformare i servizi sanitari e istituire una rete di medicina pubblica. In questo clima, Ruata si affermò come docente all’Università di Perugia dopo essersi laureato a Padova nel 1877. Le sue lezioni e pubblicazioni erano improntate a una visione integrata della medicina, che combinava farmacologia, igiene e responsabilità sociale. Fondò e diresse la rivista “La Salute Pubblica”, rivolta non solo ai medici ma anche agli amministratori e agli insegnanti, con l’intento di diffondere cultura sanitaria. A questa attività affiancò il suo impegno filantropico, fondando un collegio per orfani di medici sostenuto da fondi mutualistici.
La posizione sulle malattie esantematiche
Nel pensiero di Ruata, le cosiddette malattie esantematiche (morbillo, rosolia, varicella) non costituivano automaticamente pericoli da sopprimere attraverso profilassi obbligatorie. Egli sosteneva che molte di queste condizioni, nei bambini, rappresentavano fasi naturali e fisiologiche dello sviluppo immunitario. La loro pericolosità, secondo l’autore, aumentava in presenza di fattori predisponenti come malnutrizione, cattiva igiene, sovraffollamento e precarietà abitativa.
Questa concezione si contrapponeva a quella dominante, che vedeva nella vaccinazione preventiva l’unico strumento per evitare epidemie. Ruata, invece, proponeva un paradigma alternativo: la salute come equilibrio fra individuo e ambiente. Citando anche l’opera di Rudolf Virchow, Ruata sosteneva che ogni politica sanitaria efficace dovesse affrontare le cause sociali e materiali della malattia. In alcuni suoi articoli, definì le malattie infantili “fisiologiche reazioni di adattamento”, non necessariamente patologiche se l’organismo era ben nutrito e l’ambiente favorevole.
Non delle vere e proprie “malattie” in senso patologico..
Secondo Ruata e altri medici igienisti del suo tempo, molte malattie esantematiche non erano malattie in senso patologico, bensì processi fisiologici dell’organismo in crescita, spesso legati a condizioni ambientali o sociali deteriori.
Venivano considerate “crisi eliminative” o fasi naturali di adattamento, in particolare nei bambini, non necessariamente da prevenire a ogni costo con vaccinazioni.
Morbillo e varicella, ad esempio, erano spesso visti come manifestazioni di disintossicazione dell’organismo infantile, e solo pericolose in ambienti malsani, sovraffollati o in soggetti malnutriti.
Ruolo della nutrizione, igiene e ambiente
Ruata sosteneva che le vere cause delle “malattie” fossero ambientali, sociali e alimentari, non semplicemente microbiologiche.
Per lui la povertà, l’igiene carente, il freddo, il lavoro minorile e la carenza di nutrizione erano fattori predisponenti determinanti.
Concordanze con altri medici coevi:
Le sue idee erano condivise, con sfumature diverse, da altri medici e intellettuali del tempo, tra cui:
Dott. Antonino Ranfaldi, critico della teoria batterica assolutista.
Prof. Charles Creighton (UK), autore della prima vera storia critica della vaccinazione
Dr. Walter Hadwen, medico inglese e attivista antivaccinista.
Prof. Edgar Crookshank, che contestò l’efficacia della vaccinazione antivaiolosa in Inghilterra
La critica alla vaccinazione obbligatoria
Il cuore dell’attività teorica e militante di Ruata riguarda la sua ferma opposizione alla vaccinazione antivaiolosa obbligatoria. In testi fondamentali come “Contro la rivaccinazione obbligatoria” (1899) e “La vaccinazione: sua storia e i suoi effetti” (1912), egli sviluppa una critica fondata su documentazione medica, dati statistici e riflessioni etiche.
Tra i punti principali sollevati vi sono:
- La documentazione di casi di vaiolo in soggetti già vaccinati, a riprova dell’efficacia non assoluta della profilassi;
- La presenza di effetti avversi gravi, incluse infezioni crociate e trasmissioni di sifilide, derivanti da tecniche di vaccinazione contaminate;
- La mancanza di studi indipendenti che dimostrassero, in modo scientificamente inoppugnabile, il beneficio netto della vaccinazione rispetto ai suoi costi sanitari e sociali;
- La critica all’autoritarismo dello Stato, che imponeva l’obbligo vaccinale senza lasciare spazio a consenso informato o dissenso motivato.
In un passo significativo, Ruata osservava: “Non può essere scienza ciò che si impone senza possibilità di verifica”. Il contesto politico dell’epoca, con la legge del 1888 sull’obbligatorietà della vaccinazione, vide una reazione da parte di una minoranza di medici e cittadini, ma anche una stampa perlopiù favorevole al provvedimento. Ruata si trovò quindi in una posizione di contrasto sia con l’accademia sia con le autorità sanitarie centrali.
Una medicina etica e sociale
Il pensiero di Ruata si inserisce in una più ampia riflessione sulla medicina come scienza sociale. Egli riteneva che il sapere medico dovesse essere messo al servizio del miglioramento delle condizioni di vita, e non subordinato a interessi di Stato o industrie farmaceutiche. Promuoveva un modello sanitario fondato sulla prevenzione ambientale, sull’educazione alla salute e sulla responsabilità etica del medico.
Tra le sue proposte vi erano campagne igieniche nelle scuole, la diffusione dell’educazione alimentare e il miglioramento delle condizioni abitative. Riteneva il medico un educatore prima ancora che un tecnico. Il suo approccio anticipava concetti oggi centrali nella medicina di comunità e nella promozione della salute basata sui determinanti sociali.
Confronto con altri autori e visioni affini
Le posizioni di Ruata si inseriscono in un filone critico internazionale. In Gran Bretagna, Charles Creighton pubblicava nel 1891 la monumentale “A History of Epidemics in Britain”, in cui metteva in discussione l’efficacia e la moralità della vaccinazione antivaiolosa. Edgar Crookshank, professore di patologia, arrivava a conclusioni analoghe basandosi su esperienze cliniche. Walter Hadwen, medico e attivista, insisteva sull’importanza dell’igiene e dell’alimentazione rispetto alla profilassi vaccinale.
In Italia, Antonino Ranfaldi, medico e divulgatore, sviluppò posizioni simili, seppur con maggiore cautela. Tutti questi autori condividevano l’idea che la medicina dovesse mantenere un carattere pubblico, etico e verificabile. Sebbene non appartenessero a un unico movimento formale, questi pensatori spesso si citavano a vicenda e partecipavano agli stessi congressi di medicina sociale e profilassi, evidenziando una rete culturale transnazionale di dissenso medico.
Attualità del pensiero di Ruata
La riflessione di Ruata conserva una sorprendente attualità. Le controversie attorno alla vaccinazione obbligatoria, riemerse durante la pandemia da COVID-19, ripropongono temi a lui cari: trasparenza, consenso informato, libertà terapeutica, ruolo dell’autorità sanitaria. Le sue critiche non vanno lette come rifiuto aprioristico della scienza, ma come richiesta di una scienza pluralista, aperta al confronto, in grado di riconoscere i propri limiti e correggersi.
Casi recenti di sospensione di medici per opinioni divergenti mostrano che la questione dell’equilibrio tra autorità e libertà nella medicina è tutt’altro che risolta. Ruata sarebbe stato, oggi, tra coloro che chiedono un dialogo tra evidence-based medicine e narrative-based medicine, per valorizzare anche l’esperienza dei pazienti e dei professionisti.
Conclusione
La figura di Carlo Ruata emerge come quella di un medico-filosofo, un intellettuale critico capace di coniugare rigore scientifico, coscienza sociale ed etica professionale. In un’epoca in cui la medicina tendeva a trasformarsi in un sistema tecnocratico e dogmatico, egli rivendicò il diritto del medico di pensare, discutere, dissentire.
La sua eredità è preziosa non perché avesse sempre ragione, ma perché ci ricorda che la scienza autentica è fatta di confronto, trasparenza e umiltà. Ruata fu una voce fuori dal coro, ma profondamente inserita nella migliore tradizione della medicina democratica e umanista. In un’epoca in cui si discute ancora di obblighi sanitari, consenso informato, fiducia pubblica e libertà accademica, la sua opera ci invita a non sacrificare mai l’etica in nome dell’efficienza, né il dubbio in nome della convenienza.
Bibliografia essenziale
- Ruata, C. (1899). Contro la rivaccinazione obbligatoria. https://autoimmunityreactions.org/wp/download/Carlo-Ruata-Contro-la-rivaccinazione-obbligatoria-ricorso-presentato-Ministro-interno-Citta-di-Castello-Lapi-1899.pdf
- Ruata, C. (1912). La vaccinazione: sua storia e i suoi effetti.
- https://archive.org/details/la-vaccinazione-sua-storia-e-suoi-effetti-carlo-ruata-1912/
- Creighton, C. (1891). A History of Epidemics in Britain. https://archive.org/details/historyofepidemi01crei
- Crookshank, E. M. (1889). History and Pathology of Vaccination. https://archive.org/details/historypathology01croo
- Hadwen, W. (1896). The Case Against Vaccination. https://commons.wikimedia.org/wiki/File:The_Case_Against_Vaccination-_Walter_Hadwen,_(1896)-_8th_ed.pdf
- Ranfaldi, A. (1908). Studi di igiene popolare e medica. (Attualmente non disponibile online in formato consultabile).
- Porter, D. (1997). Health, Civilization and the State: A History of Public Health from Ancient to Modern Times. https://archive.org/details/healthcivilizati0000port
- Rosen, G. (1958). A History of Public Health. https://archive.org/details/historyofpublich00rose
Note
- La legge Crispi-Pagliani del 1888 rese obbligatoria la vaccinazione antivaiolosa in Italia e stabilì l’assetto sanitario moderno dello Stato unitario.
- Rudolf Virchow, patologo tedesco, sosteneva che “la medicina è una scienza sociale, e la politica non è altro che medicina su larga scala”.
- La rivista “La Salute Pubblica”, fondata da Ruata, si pubblicò tra la fine del XIX secolo e il primo decennio del XX, affrontando temi di igiene, sanità pubblica e formazione civica.
- Il concetto di medicina narrativa (narrative-based medicine) si è diffuso nei primi anni 2000 come risposta critica alla riduzione dell’esperienza clinica a soli dati quantitativi.
- Alcune critiche moderne alla vaccinazione obbligatoria si fondano sul principio di autodeterminazione del paziente, in continuità ideale con alcune istanze sollevate da Ruata.
Autore testo, data mixing e data mining: Davide Suraci
Pubblicato il 27 Giugno 2025 su: Autoimmunity Reactions