Il dottor Makis* (vedi nota) ha fornito le seguenti diverse possibili ipotesi su come i vaccini mRNA COVID-19 potrebbero causare tumori turbo:
1. Gli attuali vaccini mRNA COVID-19 contengono mRNA modificato con pseudouridina, che attenua o altera l’attività delle proteine chiave nel sistema immunitario innato, compromettendo la sorveglianza del cancro.
Quando attivate, queste proteine chiave, chiamate recettori toll-like, possono impedire la formazione e la crescita dei tumori.
2. La vaccinazione altera la segnalazione delle cellule T che induce una profonda compromissione dell’interferone di tipo 1 e della sorveglianza del cancro.
I linfociti T, un tipo di globuli bianchi, aiutano il sistema immunitario del corpo a prevenire il cancro. Gli studi dimostrano che ricevere più dosi aumenta il livello di un particolare anticorpo chiamato IgG4, causando la soppressione delle cellule T e dell’interferone, portando all’incapacità di tenere sotto controllo il cancro, ha detto il dottor Cole a The Epoch Times.
“Tutti ricevono cellule atipiche nel proprio corpo ogni giorno e avere un sistema di sorveglianza è importante, ma quando il sistema di sorveglianza è spento, ciò consente a queste cellule di andare in tilt. Per quanto tempo rimane soppresso, nessuno lo sa, e questi sono gli studi che il NIH (il National Institutes of Health) avrebbe dovuto fare “, ha affermato il dott. Cole.
3. Lo spostamento dell’anticorpo IgG4 causato dalla ripetuta vaccinazione mRNA potrebbe creare una tolleranza per la proteina spike e compromettere la produzione degli anticorpi IgG1 e IgG3 e la sorveglianza del cancro.
4. La proteina spike prodotta dall’organismo dopo la vaccinazione mRNA COVID-19 può interferire con importanti proteine soppressori tumorali: P53, BRCA 1 e due geni soppressori tumorali .
5. La proteina spike può interferire con i meccanismi di riparazione del DNA.
9. I vaccini a base di mRNA possono innescare il rilascio di oncogeni, oncomiR o microRNA , che possono potenziare o inibire lo sviluppo del cancro e partecipare ai processi biologici del cancro, come proliferazione, metastasi di invasione, angiogenesi, chemioresistenza e fuga immunitaria.
“Credo che ci sia un urgente bisogno di determinare i meccanismi alla base dei tumori turbo perché, in questo momento, gli oncologi non hanno nulla da offrire ai pazienti che hanno sviluppato un tumore turbo e i trattamenti contro il cancro convenzionali offrono benefici minimi o nulli”, ha detto il dott. Makis.
Il Dottor William Makis è un esperto di fama internazionale in Radiologia, Oncologia, Immunologia, PET/TC, Teranostica e Terapia mirata con radionuclidi. Il suo lavoro ha contribuito a salvare la vita di molti pazienti con diagnosi di cancro allo stadio 4. Nonostante le sue credenziali stellari e l’essere riconosciuto come molto rispettato tra i suoi colleghi, il Dr. Makis si è trovato con problemi legali con l’Alberta Health Services (AHS) in Canada. I problemi legali sono stati dovuti al fatto che il dottor Makis ha iniziato a parlare di ciò che stava vedendo dopo che i vaccini mRNA sono stati lanciati.https://www.americaoutloud.news/turbo-cancer-and-mrna-vaccines-with-oncologist-and-radiologist-dr-william-makis/
Secondo uno studio di Harvard nel settembre 2022, i tassi di cancro stanno aumentando nei soggetti di età inferiore ai 50 anni. Ci sono molte segnalazioni di tassi di cancro per tutte le cause in aumento disponibili su cancer.org. Nei casi di leucemia e glioblastomi, gli oncologi segnalano una rapida crescita del cancro che porta a una morbilità più rapida rispetto a quanto osservato prima della pandemia. Non ci sono studi che utilizzino le autopsie per determinare se ciò sia correlato a colpi di covid lunghi o di mRNA. I documenti di ricerca si concentrano sull’ambiente, la dieta e la genetica.
Attraverso l’iniezione nel torrente circolatorio di antigeni e di altri componenti vaccinali, si aggira la risposta immunitaria cellulo-mediata cioè quella, per intenderci, che si attiva quando un qualsiasi patogeno entra nel corpo umano attraverso le vie “canoniche” (mucose) in cui esiste un sistema immunitario “locale” perfettamente integrato con quello “sistemico”. Ciò non permette al sistema immunitario di produrre una risposta specifica (formazione di anticorpi) e mirata al vero patogeno. È l’inizio dell’innesco dell’autoimmunità.
Che cosa stiamo facendo? Stiamo letteralmente iniettando degli antigeni uniti ad adiuvanti negli esseri umani per stimolare “una” risposta immunitaria (quale?) e “una” produzione di anticorpi (quali?) in nome di quale strategia preventiva?
Dall’avvento delle vaccinazioni di massa è cresciuto il numero della persone che presentano costantemente una risposta immunitaria abnorme.
Sarebbe sufficiente un monitoraggio post vaccinale su larghissima scala per verificarlo. Eppure non interessa a nessuno.
L’inizio dell’autoimmunità
C’è molta differenza tra ciò che accade normalmente in un contesto di risposta immunitaria cellulo-mediata e ciò che accade quando si tenta di provocarla artificialmente nel tentativo di eludere la risposta medesima.
Si aggiunga inoltre che:
quando gli anticorpi intervengono per riconoscere e distruggere i tessuti/organi stessi del corpo a cui appartengono (autoimmunità) fagocitandoli, li portano inevitabilmente nel circolo sanguigno insieme ai loro residui di DNA. Ciò induce il sistema immunitario a produrre ulteriori anticorpi che vengono indirizzati a colpire ulteriormente i tessuti e/o gli organi oggetto dell’attacco primario in un ciclo reiterato.
Quindi, assistiamo ad un circolo vizioso didistruzione dei tessuti mediata da anticorpi, la cui conseguenza è un aumento del DNA cellulare nel sangue, innescando un aumento della produzione anticorpale , quindi una maggiore distruzione tissutale, e così via.
A causa di questo ciclo, le malattie autoimmuni non sono di solito auto-compensative. La via farmacologica tenta di arginare i sintomi, spesso fallendo, ma non interviene all’origine. Ecco “uno” dei perché i vaccini non servono a niente se non per indurre anche numerose patologie autoimmuni.
Un vaccino possiede fra le sue componenti uno o più adiuvanti(generalmente sali di Alluminio) il cui scopo è quello di indurre una iper-attivazione del sistema immunitario. Questa condizione di iper-attivazione, innescata artificiosamente, apre la strada all’azione di uno o più antigeni che fanno parte del vaccino. Questi ultimi attivano il cosìddetto “sistema del complemento” (una trentina di tipi diversi di proteine che interagiscono fra loro e con le membrane cellulari durante gli ingaggi antigene-anticorpi). A seguito di queste interazioni vengono attivate le cellule del sistema immunitario(monociti, macrofagi, polinucleati, linfociti B e linfociti T) che sono preposte allo scopo di “competere” con gli antigeni vaccinali. Successivamente alla risposta immunitaria vengono elaborati gli anticorpi specifici che “ingaggeranno” gli antigeni della patologia.
Così avverrebbe se vi fosse un ingaggio reale con il/i patogeno/i e se il sistema immunitario agisse effettivamente in una condizione di una vera emergenza (si ha solo in questi casi la formazione di una memoria immunitaria persistente nel tempo). È vero anche che i patogeni, col tempo, possono mutare, adattarsi a delle nuove condizioni del sistema immunitario. In questo modo, cambiano le regole di ingaggio e la partita ha di nuovo inizio.
Nella realtà di una somministrazione di uno o più antigeni vaccinali si simula un'”emergenza” con cui il sistema immunitario viene “messo in condizione di massimo allarme” (iper-attivazione) senza che effettivamente abbia luogo una risposta immunitaria efficiente ed efficace e senza che si verifichi un’immunocompetenza specifica per quell'”emergenza“.
Affermare perciò che un individuo vaccinato prenda una forma leggera della patologia per cui è stato vaccinato è una semplificazione della realtà che si fonda sulle sabbie mobili.
Lo dimostra il fatto stesso che abbiamo ormai scoperto come l’immunità indotta artificialmente necessiti di ripetuti richiami a vita (iper-attivazione reiterata) per fare un qualcosa (la difesa immunitaria) di simile a quella che si verifica in condizioni naturali.
A supporto di ciò basti pensare che non esistono studi epidemiologici su larga scala nella fase post-vaccinale.
Le analisi post-vaccinali, oltre a non certificare in nessun modo l’avvenuta immunizzazione con gli antigeni vaccinali (si pensi all’ampio margine di incertezza offerto dalle analisi stesse)non tengono conto del fatto che gli anticorpi plasmati da un sistema immunitario nella sua interezza dinnanzi all’antigene di un virus/batterio possono essere(anzi sono)cosa profondamente differente da quelli indotti artificialmente e in modo massale da uno o più vaccini.
Nella realtà clinica non esiste – per nessun vaccino – una statistica sugli insuccessi: esiste solo il fallimento vaccinale confermato da coloro che sono stati vaccinati ed hanno contratto la malattia; non esistono soggetti che abbiano ottenuto la prevenzione di una data patologia grazie al vaccino anche perché non esistono dati né dimostrazioni scientifiche; esiste inoltre un pool di soggetti (no-responder) che non “riconoscono” il “dio” vaccino in quanto non conforme alla straordinaria complessità dell’organismo umano…
Il vaccino antitetanico (nomi commerciali: in Italia, tutti quelli per l’infanzia e per gli adulti che lo contengono in forma di tossoide) è continuo oggetto di legittimo sospetto per essere la causa della Sindrome Antifofsolipidica, patologia autoimmune correlata anche con la somministrazione del tossoide tetanico contenuto in tutti i vaccini polivalenti commercializzati in Italia e nel resto del mondo.
Lo studio sul tossoide tetanico realizzato di recente (Antiphospholipid Syndrome and Vaccines) da Miri Blank e Paola Cruz-Tapias, pubblicato verso la fine del 2015 su “Vaccines and Autoimmunity“, capitolo 15, pagg. 141-145, riporta in modo chiaro ed inequivocabile come – secondo gli autori – i vaccini in generale e il vaccino antitetanico in particolare, possano scatenare in soggetti predisposti la Sindrome Antifofsolipidica.
Sindrome Antifosfolipidi
Nello screenshot ZERO viene evidenziato come “…ma vi sono prove che la APS è una di quelle condizioni autoimmuni che possono essere indotte da infezioni e possono essere correlate alla vaccinazione (Cruz-Tapias et al., 2012)…” Più sotto, (screenshot UNO) si legge che “…il vaccino può indurre la produzione di anticorpi contro il tossoide, che può reagire con altri autoantigeni…” (ciò significa che il tossoide può essere coinvolto nell’interazione con altri antigeni prodotti dal sistema immunitario del ricevente)…
Sindrome Antifosfolipidi
Nello screenshot DUE (qui sotto) vengono citati due casi, pubblicati su “The Lancet” da Topologu et al., 1992 in cui vengono segnalate reazioni quali neurite ottica, mielite acuta ed encefalomielite acuta con evidenziazione della prova tramite “liquor pleocitosico” ed un aumentato titolo proteico 10 giorni dopo la somministrazione della profilassi antitetanica…
Sindrome Antifosfolipidi
E, adesso, nello screenshot TRE, si possono leggere le conclusioni, molto chiare, di Miri Blank e Paola Cruz-Tapias:
Sindrome Antifosfolipidi
“……Tutte le prove indicano l’associazione tra diversi vaccini e la cosìddetta APS (sindome antifosfolipidi). La mimica molecolare è stata proposta come uno dei meccanismi attraverso i quali le APS sperimentali possono verificarsi in associazione con agenti patogeni. La similarità di sequenza tra proteine estranee (cioè TTd) e le autoproteine sono sufficienti per innescare una perdita di tolleranza immunitaria, sia per mimetismo molecolare o da meccanismi tipo l'”effetto del vicino”, causando la formazione di autoanticorpi patogeni correlati alla APS…..”
“……In particolare, i modelli animali resi transgenici per una alterazione non-autoimmune-correlata (ad esempio una mutazione del fattore V° di Leiden) mostrano una maggiore suscettibilità nello sviluppo di una condizione autoimmune acquisita a seguito della soministrazione di un adiuvante (ad esempio sindrome antifosfolipidi), suggerendo che delle alterazioni genetiche, anche se prive di un sistema di regolazione immunitaria, possono causare autoimmunità non appena interagiscono con un agente scatenante……”
“……In alcuni casi gli anticorpi (anticorpi antifosfolipidi principalmente) si mostravano a livelli elevati anche 6 mesi dopo la vaccinazione…..”
Mimeticità molecolare
Del fisiologismo di innesco della Sindrome Antifosfolipidi, tuttavia, ne è stata dimostrata l’esistenza anche per altri tipi di vaccini: la Sindrome Antifosfolipidi post-vaccinale per l’epatiteda virus B. Sono stati trovati dei livelli altissimi di autoanticorpi diretti verso fosfolipidi circolanti(cardiolipina, β2GPI) e gli anticoagulanti per il Lupus sono stati identificati nel sierodel virus dell’epatiteB(HBV) pazienti APS – infettati (Huhet al., 2011).
APS post-influenzale e vaccinazione anti-influenzale – Rari casi di Sindrome Antifosfolipidi sono stati riportati in manifestazioni cliniche, quali un paziente che presenta ictus ischemico 4 giorni dopo la vaccinazione antinfluenzale, associata con Sindrome Antifosfolipidi per il lupus(Vainer-Mossel et al., 2009).
Le campagne informative istituzionali utilizzano il concetto di “immunità di gregge”, originariamente coniato per indicare la capacità delle popolazioni di acquisire un’immunità naturale verso le malattie infettive, per giustificare le vaccinazioni di massa come strumento di prevenzione da queste ultime, ignorando completamente il fatto che l’immunità di gregge che si sviluppa nelle popolazioni umane è invece derivante dalla risposta immunitaria dei singoli individui che hanno contratto e superato in modo reale la malattia.
Il patogeno responsabile riduce pertanto la sua circolazione esclusivamente grazie all’acquisizione dell’immunità adattata e non per effetto di chissà quale “trasmissione” di un fisiologismo di difesa generato dai vaccinati verso i loro coevi non vaccinati…
[Aggiornamento del 20 Maggio 2018]
Herd Immunity – L’immunità di gregge artificialmente indotta dai vaccini è un colossale inganno privo di fondamenta scientifiche. I tentativi di applicare dei modelli matematici per poterne spiegare le dinamiche si sono dimostrati fallaci in quanto non in grado di prendere in considerazione tutte le variabili implicate nell’ipotesi del fenomeno oggetto di studio. Quando un modello teorico (peraltro basato su ipotesi banali) non è utilizzabile per dimostrare un fenomeno biologico/ecologico complesso, esso è da ritenersi inapplicabile e perciò fallimentare.
[Aggiornamento del 26 Marzo 2017] Prima ancora che A.W. Hedrich coniasse il termine “herd Immunity” con riferimento alle epidemie di morbillo, Topley e Wilson (1923) usarono il termine “immunità di gregge” in un lavoro dal titolo ”The spread of bacterial infection: the problem of herd immunity”. Questo è stato uno della serie degli studi classici di questi autori sullo studio dell’epidemiologia di diverse infezioni in popolazioni chiuse monitorate di topi.Topley e Wilson introdussero i criteri di studio in questi termini: “……La considerazione dei risultati ottenuti nel corso degli ultimi cinque anni ci ha portato a credere che il problema dell’immunità come attributo di un gregge dovrebbe essere studiato come un problema a parte, strettamente collegato ma, per molti versi, diverso dal problema dell’immunità di un singolo host…”
Dopo aver descritto gli esperimenti che dimostravano che i topi immunizzati avevano avuto dei tassi di mortalità più bassi ed avevano meno probabilità di trasmettere agli altri l’infezione da Bacillus Enteritidis, gli autori conclusero ponendo quanto segue:
“….Ovvio problema da risolvere …. Supponendo che la quantità totale di resistenza contro un specifico patogeno batterico sia presente in una quota considerevole della popolazione, in che modo questa resistenza dovrebbe essere ripartita tra i soggetti a rischio, nel modo migliore, per garantire contro la diffusione della malattia di cui il patogeno è l’agente causale?…” (38, pp. 248-9)
Una domanda che, a distanza di quasi cento anni, non ha avuto ancora una risposta da coloro che credono (e vogliono far credere) che l’immunità di gregge indotta dai vaccini sia un fatto reale…
[Aggiornamento del 19 Marzo 2017] – La teoria della “herd immunity” (immunità di gregge) è stata originariamente coniata nel 1933 da Hedrich e pubblicata nel maggio 1933 sul “American Journal of Epidemiology” . Egli aveva studiato i modelli di morbillo presentatisi negli Stati Uniti tra il 1900 e il 1931 (quindi molti anni prima della realizzazione dei vaccini contro il morbillo) e osservò che le epidemie della malattia si verificavano solo quando meno del 68% dei bambini aveva sviluppato un’immunità naturale ad essa.
Questa era basata sul principio che i bambini costruiscono la propria immunità solo dopo aver sofferto od essere stati esposti alla malattia. La teoria della “herd immunity” era costruita, infatti, su processi di immunizzazione alla malattia del tutto naturali e non aventi niente a che fare con la vaccinazione. Se almeno il 68% della popolazione è in grado di costruire autonomamente le proprie difese naturali, non si manifesterebbe nessuna epidemia.
Più tardi, i vaccinologi hanno adottato la frase e aumentato la cifra dal 68% al 95% senza alcuna giustificazione scientifica del perché e poi hanno dichiarato che ci doveva essere la copertura vaccinale del 95% per poter ottenere l’immunità. In sostanza, hanno preso lo studio di Hedrich e lo hanno manipolato per promuovere i loro programmi di vaccinazione.
Nel suo manuale “Vaccine Safety“, Neil Z. Miller cita la ricerca che ha dimostrato la crescente induzione vaccinale necessaria per stimolare artificialmente l’immunità di gregge che andava dal “70 al 80 per cento ai due anni di età nei centri delle città” fino al 1991, in cui la copertura prevista “era prossima al 100 per cento” … con una efficacia vaccinale prevista dal 90 al 98 per cento.
Da: “Herd Immunity: History, Theory, Practice” by Paul E.M. Fine.
”…la credibilità delle semplici definizioni di “soglie” di immunità di gregge è indebolita dal fatto che la logica e le formule si basano su delle ipotesi ovviamente semplicistiche. In particolare, i modelli di base relativi alla legge di azione di massa danno per scontato che le popolazioni siano omogenee, senza differenze per età, gruppo sociale o dell’andamento stagionale, e che esse si mescolino secondo un criterio di casualità. I teorici matematici hanno considerato queste inconsistenze come una sfida per adattare la teoria a dei presupposti più realistici….” (“Herd Immunity: History, Theory, Practice” by Paul E.M. Fine.)
Nel 1997. Miller osservava che,”…Quando il vaccino contro il morbillo è stato introdotto nel 1963, i funzionari governativi erano sicuri di poter debellare la malattia entro il 1967…”
Date previste (e disattese) per l’eradicazione del morbillo nel mondo.
“Successivamente, delle nuove date per l’eradicazione sono state pronunciate nel 1982, 2000 e nel 2010. Nel frattempo, nel 1990, dopo aver esaminato 320 lavori scientifici di tutto il mondo, 180 medici europei hanno concluso che “…l’eliminazione del morbillo … sembra oggi essere un irrealistico obiettivo…”. E nel 1984 il professor David Levy, della Johns Hopkins University, concluse testualmente: “….se le attuali pratiche [di sopprimere l’immunità naturale] continuano, entro il 2050 una gran parte della popolazione sarà a rischio e ci potrebbero essere più di 25.000 casi mortali di morbillo negli Stati Uniti…”
L’immunità conferita attraverso la malattia contratta in modo naturale solitamente durava tutta la vita. Non appena una nuova generazione di bambini contraeva l’infezione, l’immunità di quelli precedentemente infettati veniva rinnovata a causa del loro continuo ciclico riesporsi alla malattia; tranne che per i bambini appena infettati e per le poche persone che non avevano mai avuto la malattia o che erano state esposte ad essa, l’immunità di gregge naturale di tutta la popolazione veniva assicurata in ogni momento.
L’immunità di gregge è incostante; i focolai di malattia a volte scoppiano proprio in coloro che seguono i programmi vaccinali raccomandati. In realtà l’”immunizzazione”da vaccini è solo un’immunità a breve termine. Così, nel tentativo di mantenere l’immunità di gregge, le autorità sanitarie tentano, senza successo, la somministrazione di dosi di richiamo. E così via, fino al punto che oggi accettiamo, dalla culla alla tomba, ripetuti richiami di vaccino contro la pertosse, una malattia che persiste ancora dopo più di sessanta anni di diffusione del vaccino.
Le osservazioni di Russell Blaylock, MD: “..Una delle grandi menzogne dei programmi di vaccinazione è il concetto di” immunità di gregge..”. In realtà, i vaccini per maggior parte della popolazione sono scesi a livelli non protettivi dopo 5-10 anni dai vaccini. Ciò significa che, per la stragrande maggioranza degli americani, così come per gli altri nel mondo sviluppato, l’immunità naturale di gregge non esiste e non ha luogo da oltre 60 anni.”
Nell’era pre-vaccini, i neonati potevano ricevere gli anticorpi contro le malattie infettive dalle loro madri che si erano a loro volta infettate da bambini e riesposte alle malattie più tardi nella vita. I bambini di oggi, nati da madri che erano state vaccinate e non esposte a queste malattie non ricevono più questi anticorpi. Il risultato di ciò è che la maggior parte dei bambini di oggi sono più vulnerabili rispetto ai bambini dell’epoca pre-vaccini.
Andrew Wakefield
[Nota del Dr. Andrew Wakefield] [Top page] – “…Il vaccino contro il morbillo ha distrutto la naturale immunità di gregge e l’ha sostituita con una immunità di gregge quasi temporanea e inadeguata che ha indotto una dipendenza dalla vaccinazione insieme ad un aumento del rischio di esiti avversi gravi. Ecco alcuni esempi di come l’immunità di gregge naturale è stata distrutta.
La crescente immunità di gregge associata al morbillo naturale (eil decremento delle relative morbilità e mortalità), è stata interrotta con la vaccinazione. Questo rende molto difficile prevedere come le popolazioni vaccinate potrebbero rispondere, per esempio, ad un nuovo ceppo del virus del morbillo che magari è sfuggito alla ‘protezione’ conferita dal vaccino contro il morbillo (mutante di fuga). Considerato che la popolazione in generale non è immune al “mutante di fuga” si rischia ancora una volta alta morbilità e mortalità da morbillo.
Le madri vaccinate non conferiscono un’adeguata immunità passiva sui loro neonati (<1 anno di età). I neonati non sono in grado di generare una risposta immunitaria adeguata al vaccino anti-morbillo e, in mancanza di immunità materna passiva, non sono protetti durante il primo anno, mettendoli così a rischio di infezioni gravi di morbillo.
A differenza dei morbilli naturali, il vaccino contro il morbillo non prevede un’immunità duratura e una parte sostanziale dei casi di morbillo sono riportati in coloro che sono stati vaccinati contro il morbillo.
Il tentativo di accrescere l’immunità impiegando delle dosi ripetute di vaccino contro il morbillo fa sì che essa non venga mantenuta, decadendo rapidamente. La sola risposta a questa diminuzione che viene offerta dai produttori di vaccini è quella di somministrare ripetute dosi di vaccini. Il vaccino è altamente redditizio in termini di volumi di vendita, proprio perché è inadeguatamenteefficace…”
[Special Thanks to Dr. Andrew Wakefield].
David Robertson (Doctoral candidate in Princeton University’s History of Science Program):
Ecco una minibibliografia sulla Herd Immunity: Hedrich AW. The corrected average attack rate from measles among city children. Am J Hyg 1930; 11:576-600.76. Hedrich AW. Monthly estimates of the child population “susceptible” to measles, 1900- 1931, Baltimore, MD. Am J Hyg 1933;17: 613-36.