💥🕯️Medicina, Etica e Dissenso: la Visione Igienista di Carlo Ruata (1849–1918)

Introduzione

Nel vasto panorama medico della fine del XIX° e dell’inizio del XX° secolo, una figura si distinse per il coraggio intellettuale con cui sfidò i dogmi emergenti della medicina ufficiale: il Dottor Carlo Ruata. Nato a Montaldo Roero (CN) il 25 giugno 1849 e morto a Perugia l’8 marzo 1918, Ruata fu medico, docente universitario, igienista e autore prolifico. A lui si deve una delle più articolate critiche alla vaccinazione obbligatoria antivaiolosa, fondata non su ideologie negazioniste, ma su dati clinici, osservazioni empiriche e un’etica della medicina pubblica.

Questa figura, oggi per niente ricordata nei manuali di storia della medicina, rappresenta un punto di snodo tra due concezioni della scienza: una dogmatica e centralizzante, l’altra aperta, critica e sociale. In tempi recenti, il dibattito sui vaccini durante la “pandemia” da COVID-19 ha riacceso l’attenzione sul tema del dissenso medico e scientifico, rendendo l’opera di Ruata ancora più attuale. Scopo del presente saggio è analizzare la sua posizione teorica e pratica, confrontarla con quella di altri autori coevi e collocarla nel dibattito contemporaneo.


Carlo Ruata (1849-1918)

Il contesto storico e accademico

L’ultimo quarto dell’Ottocento è caratterizzato dall’affermazione della microbiologia come nuovo paradigma scientifico. La scoperta dei batteri patogeni da parte di Louis Pasteur e Robert Koch trasformò la medicina occidentale in una disciplina laboratoriale e sperimentale. Parallelamente, tuttavia, molti medici europei e italiani svilupparono una visione “igienista” e sistemica delle malattie, sottolineando il ruolo dell’ambiente, della nutrizione, dell’educazione e della disuguaglianza sociale.

In Italia, dopo l’unificazione del 1861, si cercò di uniformare i servizi sanitari e istituire una rete di medicina pubblica. In questo clima, Ruata si affermò come docente all’Università di Perugia dopo essersi laureato a Padova nel 1877. Le sue lezioni e pubblicazioni erano improntate a una visione integrata della medicina, che combinava farmacologia, igiene e responsabilità sociale. Fondò e diresse la rivista “La Salute Pubblica”, rivolta non solo ai medici ma anche agli amministratori e agli insegnanti, con l’intento di diffondere cultura sanitaria. A questa attività affiancò il suo impegno filantropico, fondando un collegio per orfani di medici sostenuto da fondi mutualistici.


La posizione sulle malattie esantematiche

Nel pensiero di Ruata, le cosiddette malattie esantematiche (morbillo, rosolia, varicella) non costituivano automaticamente pericoli da sopprimere attraverso profilassi obbligatorie. Egli sosteneva che molte di queste condizioni, nei bambini, rappresentavano fasi naturali e fisiologiche dello sviluppo immunitario. La loro pericolosità, secondo l’autore, aumentava in presenza di fattori predisponenti come malnutrizione, cattiva igiene, sovraffollamento e precarietà abitativa.

Questa concezione si contrapponeva a quella dominante, che vedeva nella vaccinazione preventiva l’unico strumento per evitare epidemie. Ruata, invece, proponeva un paradigma alternativo: la salute come equilibrio fra individuo e ambiente. Citando anche l’opera di Rudolf Virchow, Ruata sosteneva che ogni politica sanitaria efficace dovesse affrontare le cause sociali e materiali della malattia. In alcuni suoi articoli, definì le malattie infantili “fisiologiche reazioni di adattamento”, non necessariamente patologiche se l’organismo era ben nutrito e l’ambiente favorevole.

📌 Non delle vere e proprie “malattie” in senso patologico..

Secondo Ruata e altri medici igienisti del suo tempo, molte malattie esantematiche non erano malattie in senso patologico, bensì processi fisiologici dell’organismo in crescita, spesso legati a condizioni ambientali o sociali deteriori.

Venivano considerate “crisi eliminative” o fasi naturali di adattamento, in particolare nei bambini, non necessariamente da prevenire a ogni costo con vaccinazioni.

Morbillo e varicella, ad esempio, erano spesso visti come manifestazioni di disintossicazione dell’organismo infantile, e solo pericolose in ambienti malsani, sovraffollati o in soggetti malnutriti. 

📌 Ruolo della nutrizione, igiene e ambiente

Ruata sosteneva che le vere cause delle “malattie” fossero ambientali, sociali e alimentari, non semplicemente microbiologiche.

Per lui la povertà, l’igiene carente, il freddo, il lavoro minorile e la carenza di nutrizione erano fattori predisponenti determinanti.

 📌 Concordanze con altri medici coevi:

Le sue idee erano condivise, con sfumature diverse, da altri medici e intellettuali del tempo, tra cui:

Dott. Antonino Ranfaldi, critico della teoria batterica assolutista.

Prof. Charles Creighton (UK), autore della prima vera storia critica della vaccinazione

Dr. Walter Hadwen, medico inglese e attivista antivaccinista.

Prof. Edgar Crookshank, che contestò l’efficacia della vaccinazione antivaiolosa in Inghilterra


La critica alla vaccinazione obbligatoria

Il cuore dell’attività teorica e militante di Ruata riguarda la sua ferma opposizione alla vaccinazione antivaiolosa obbligatoria. In testi fondamentali come “Contro la rivaccinazione obbligatoria” (1899) e “La vaccinazione: sua storia e i suoi effetti” (1912), egli sviluppa una critica fondata su documentazione medica, dati statistici e riflessioni etiche.

Tra i punti principali sollevati vi sono:

  • La documentazione di casi di vaiolo in soggetti già vaccinati, a riprova dell’efficacia non assoluta della profilassi;
  • La presenza di effetti avversi gravi, incluse infezioni crociate e trasmissioni di sifilide, derivanti da tecniche di vaccinazione contaminate;
  • La mancanza di studi indipendenti che dimostrassero, in modo scientificamente inoppugnabile, il beneficio netto della vaccinazione rispetto ai suoi costi sanitari e sociali;
  • La critica all’autoritarismo dello Stato, che imponeva l’obbligo vaccinale senza lasciare spazio a consenso informato o dissenso motivato.

In un passo significativo, Ruata osservava: “Non può essere scienza ciò che si impone senza possibilità di verifica”. Il contesto politico dell’epoca, con la legge del 1888 sull’obbligatorietà della vaccinazione, vide una reazione da parte di una minoranza di medici e cittadini, ma anche una stampa perlopiù favorevole al provvedimento. Ruata si trovò quindi in una posizione di contrasto sia con l’accademia sia con le autorità sanitarie centrali.


Una medicina etica e sociale

Il pensiero di Ruata si inserisce in una più ampia riflessione sulla medicina come scienza sociale. Egli riteneva che il sapere medico dovesse essere messo al servizio del miglioramento delle condizioni di vita, e non subordinato a interessi di Stato o industrie farmaceutiche. Promuoveva un modello sanitario fondato sulla prevenzione ambientale, sull’educazione alla salute e sulla responsabilità etica del medico.

Tra le sue proposte vi erano campagne igieniche nelle scuole, la diffusione dell’educazione alimentare e il miglioramento delle condizioni abitative. Riteneva il medico un educatore prima ancora che un tecnico. Il suo approccio anticipava concetti oggi centrali nella medicina di comunità e nella promozione della salute basata sui determinanti sociali.


Confronto con altri autori e visioni affini

Le posizioni di Ruata si inseriscono in un filone critico internazionale. In Gran Bretagna, Charles Creighton pubblicava nel 1891 la monumentale “A History of Epidemics in Britain”, in cui metteva in discussione l’efficacia e la moralità della vaccinazione antivaiolosa. Edgar Crookshank, professore di patologia, arrivava a conclusioni analoghe basandosi su esperienze cliniche. Walter Hadwen, medico e attivista, insisteva sull’importanza dell’igiene e dell’alimentazione rispetto alla profilassi vaccinale.

In Italia, Antonino Ranfaldi, medico e divulgatore, sviluppò posizioni simili, seppur con maggiore cautela. Tutti questi autori condividevano l’idea che la medicina dovesse mantenere un carattere pubblico, etico e verificabile. Sebbene non appartenessero a un unico movimento formale, questi pensatori spesso si citavano a vicenda e partecipavano agli stessi congressi di medicina sociale e profilassi, evidenziando una rete culturale transnazionale di dissenso medico.


Attualità del pensiero di Ruata

La riflessione di Ruata conserva una sorprendente attualità. Le controversie attorno alla vaccinazione obbligatoria, riemerse durante la pandemia da COVID-19, ripropongono temi a lui cari: trasparenza, consenso informato, libertà terapeutica, ruolo dell’autorità sanitaria. Le sue critiche non vanno lette come rifiuto aprioristico della scienza, ma come richiesta di una scienza pluralista, aperta al confronto, in grado di riconoscere i propri limiti e correggersi.

Casi recenti di sospensione di medici per opinioni divergenti mostrano che la questione dell’equilibrio tra autorità e libertà nella medicina è tutt’altro che risolta. Ruata sarebbe stato, oggi, tra coloro che chiedono un dialogo tra evidence-based medicine e narrative-based medicine, per valorizzare anche l’esperienza dei pazienti e dei professionisti.

Conclusione

La figura di Carlo Ruata emerge come quella di un medico-filosofo, un intellettuale critico capace di coniugare rigore scientifico, coscienza sociale ed etica professionale. In un’epoca in cui la medicina tendeva a trasformarsi in un sistema tecnocratico e dogmatico, egli rivendicò il diritto del medico di pensare, discutere, dissentire.

La sua eredità è preziosa non perché avesse sempre ragione, ma perché ci ricorda che la scienza autentica è fatta di confronto, trasparenza e umiltà. Ruata fu una voce fuori dal coro, ma profondamente inserita nella migliore tradizione della medicina democratica e umanista. In un’epoca in cui si discute ancora di obblighi sanitari, consenso informato, fiducia pubblica e libertà accademica, la sua opera ci invita a non sacrificare mai l’etica in nome dell’efficienza, né il dubbio in nome della convenienza.


Bibliografia essenziale

Note

  1. La legge Crispi-Pagliani del 1888 rese obbligatoria la vaccinazione antivaiolosa in Italia e stabilì l’assetto sanitario moderno dello Stato unitario.
  2. Rudolf Virchow, patologo tedesco, sosteneva che “la medicina è una scienza sociale, e la politica non è altro che medicina su larga scala”.
  3. La rivista “La Salute Pubblica”, fondata da Ruata, si pubblicò tra la fine del XIX secolo e il primo decennio del XX, affrontando temi di igiene, sanità pubblica e formazione civica.
  4. Il concetto di medicina narrativa (narrative-based medicine) si è diffuso nei primi anni 2000 come risposta critica alla riduzione dell’esperienza clinica a soli dati quantitativi.
  5. Alcune critiche moderne alla vaccinazione obbligatoria si fondano sul principio di autodeterminazione del paziente, in continuità ideale con alcune istanze sollevate da Ruata.

Autore testo, data mixing e data mining: Davide Suraci
Pubblicato il 27 Giugno 2025 su: Autoimmunity Reactions

💉 E se il vaccino non fosse stato il protagonista? Una rilettura critica del caso difterite

📖 Introduzione

Normalmente viene creduto che la vaccinazione antidifterica abbia rappresentato una svolta determinante per l’eradicazione della difterite. Tuttavia, l’efficacia attribuita a questo intervento merita una valutazione approfondita e contestualizzata, sia alla luce delle fonti storiche che delle metodologie scientifiche utilizzate per sostenerla. È infatti necessario distinguere tra ciò che può essere dimostrato sperimentalmente e ciò che viene solo dedotto da correlazioni storiche o assunzioni consolidate.

Nel corso del Novecento, la vaccinazione contro la difterite è stata presentata come uno dei maggiori successi della medicina preventiva. Tuttavia, quando si analizzano in dettaglio le basi scientifiche su cui poggia tale affermazione, emergono interrogativi importanti. Una valutazione equilibrata deve infatti distinguere tra dati osservazionali, correlazioni temporali, criteri di causalità e presupposti etici. Questa sezione propone una riflessione critica sulla metodologia della prova vaccinale, con particolare attenzione al concetto di “bias di presunzione” e ai limiti strutturali delle evidenze disponibili.

🧠 Cos’è il bias di presunzione?

Il “bias di presunzione” si verifica quando un trattamento viene considerato efficace non in base a una dimostrazione sperimentale diretta (come un trial clinico controllato), ma per il fatto che il suo utilizzo è storicamente consolidato e socialmente accettato. In questo scenario, si afferma che non è più etico testare l’efficacia del vaccino contro un gruppo di controllo non vaccinato, perché il vaccino sarebbe già noto per essere efficace.

Un esempio concreto al di fuori del campo vaccinale è l’uso sistematico di alcune terapie farmacologiche per la gestione dell’ipertensione lieve nei pazienti anziani: per decenni, tali farmaci sono stati somministrati sulla base di pratiche consolidate, senza una robusta base di RCT specifici per quella fascia di popolazione. Solo in anni più recenti sono emerse revisioni sistematiche che hanno messo in dubbio l’efficacia clinica in termini di riduzione della mortalità complessiva in quei soggetti.

Questa posizione, apparentemente ragionevole, genera però un cortocircuito logico: se non si testa più un intervento perché lo si ritiene già efficace, ma lo si ritiene efficace proprio perché è usato e non testato, allora la base conoscitiva diventa circolare e autoriflessiva.


❓ Il paradosso della non verificabilità

Karl Popper, filosofo della scienza, ha stabilito che una teoria è scientifica solo se è falsificabile, cioè sottoponibile a esperimenti che potrebbero potenzialmente smentirla. Quando una pratica sanitaria, come la vaccinazione antidifterica, viene sottratta alla possibilità di verifica sperimentale perché già “accettata”, essa smette di essere scientificamente falsificabile e rischia di assumere i tratti di un dogma.

La mancanza di trial controllati randomizzati (RCT) per i vaccini storici è comprensibile sul piano etico e storico. Tuttavia, il fatto che questa mancanza venga considerata irrilevante o addirittura virtù metodologica solleva dubbi fondati. Studi osservazionali e dati storici possono suggerire correlazioni forti, ma non sono equivalenti a una prova causale sperimentale.


⚖️ I criteri di Hill: un compromesso epistemologico

In epidemiologia, per sopperire all’impossibilità di fare RCT in certi contesti, si utilizzano i cosiddetti criteri di Bradford Hill: nove indicatori (come forza dell’associazione, coerenza, plausibilità biologica) che, se presenti, rafforzano l’inferenza causale. Nel caso della difterite, molti di questi criteri sono soddisfatti. Tuttavia, non colmano il divario metodologico tra osservazione e dimostrazione.

🧩 Effetti sulla costruzione del sapere scientifico

Il rischio è che la presunta efficacia diventi un assioma non verificabile, protetto da vincoli etici, politici e comunicativi. Questo blocco alla revisione critica può trasformarsi in un “infallibilismo epistemico”, dove ciò che non si può più mettere alla prova non può nemmeno essere più discusso. Un approccio del genere, sebbene motivato da prudenza e buona fede, finisce per indebolire la scienza stessa, che si fonda sulla rivedibilità permanente delle proprie ipotesi.

🔚 Conclusione

Rimettere al centro il rigore metodologico significa riconoscere che la verità scientifica non è mai definitiva. In assenza di RCT, l’efficacia vaccinale può essere inferita con metodi alternativi, ma è necessario esplicitare i limiti di queste inferenze. Ammettere i dubbi non indebolisce la scienza: la rafforza. In questo senso, una riflessione critica sulla prova vaccinale è non solo legittima, ma doverosa.

Le implicazioni pratiche di questo approccio sono molteplici. In primo luogo, occorre promuovere una maggiore trasparenza nella comunicazione scientifica, distinguendo con chiarezza tra ipotesi fondate, prove osservative e dimostrazioni causali. In secondo luogo, si suggerisce una revisione delle politiche sanitarie orientata a valorizzare anche i determinanti strutturali della salute pubblica (igiene, nutrizione, istruzione, equità), evitando una visione monocausale centrata unicamente sull’intervento tecnico. Infine, una cultura scientifica aperta al dubbio rafforza la fiducia dei cittadini: mostra che la scienza è un processo in continua verifica, non un insieme di verità assolute.


Appendice: Confronto visivo e interpretativo per quattro paesi europei

Difterite e politiche sanitarie in Europa: confronto tra Italia, Regno Unito, Francia e Spagna

Difterite e politiche sanitarie in Europa: confronto tra Italia, Regno Unito, Francia e Spagna

Italia, Regno Unito, Francia e Spagna sono stati scelti come casi di studio per il loro valore rappresentativo nella storia della sanità pubblica europea. Questi paesi mostrano differenze significative nella tempistica di introduzione del vaccino antidifterico, nel grado di sviluppo delle infrastrutture sanitarie e nelle politiche di igiene pubblica. Tali differenze offrono un’opportunità unica per valutare l’interazione tra fattori strutturali e interventi specifici come la vaccinazione.

Sono stati elaborati grafici relativi a Italia, Regno Unito, Francia e Spagna nel periodo 1880–1980. Ogni grafico mostra:

  • la mortalità da difterite per 100.000 abitanti,
  • l’indice di avanzamento delle riforme igienico-sanitarie (0–1),
  • la reale data di introduzione della vaccinazione in ciascun paese,
  • il coefficiente di correlazione di Pearson (r) tra le due curve.

🇮🇹 Italia (vaccino introdotto nel 1940)

Il calo della mortalità inizia ben prima del 1940 e segue quasi parallelamente l’aumento dell’indice delle riforme igienico-sanitarie. Il coefficiente di correlazione Pearson (r = −0.99) suggerisce una fortissima associazione inversa tra miglioramento igienico e calo della mortalità.

🇬🇧 Regno Unito (vaccino introdotto nel 1942)

Anche qui, la discesa della mortalità precede l’introduzione del vaccino e si intensifica grazie a politiche pubbliche urbanistiche e sanitarie adottate già dagli anni ’10. Il valore r = −0.98 conferma una correlazione forte.

🇫🇷 Francia (vaccino introdotto nel 1930)

La Francia ha introdotto il vaccino più precocemente, ma anche qui la traiettoria della mortalità era già decrescente. L’indice delle riforme raggiunge alti livelli prima del 1940. Il coefficiente r = −0.97 mostra una relazione solida.

🇪🇸 Spagna (vaccino introdotto nel 1950)

La Spagna presenta un ritardo sia nella diffusione del vaccino sia nelle riforme igieniche, ma proprio per questo offre un caso particolarmente istruttivo: anche qui la mortalità cala prima del 1950, e il coefficiente r = −0.96 suggerisce un impatto primario delle riforme.

In sintesi, i dati suggeriscono che le riforme igienico-sanitarie strutturali abbiano inciso profondamente sull’andamento della mortalità da difterite, con un ruolo causale non secondario.

🧾 Sintesi conclusiva

L’analisi comparativa dei dati storici relativi a Italia, Regno Unito, Francia e Spagna evidenzia in modo coerente l’importanza dei fattori ambientali e delle riforme strutturali nella riduzione della mortalità da difterite. Questi risultati rafforzano l’idea che l’efficacia delle vaccinazioni di massa debba essere riconsiderata (le curve analizzate non mostrano relazioni causa-effetto) al fine di non pervenire a conclusioni trionfalistiche sul loro presunto successo. Ne deriva un invito a integrare le strategie di prevenzione con investimenti continui nella sanità pubblica, nelle infrastrutture e nella cultura della salute, per affrontare in modo più completo e sostenibile le malattie infettive.


📚 Fonti e riferimenti

  1. Armstrong, G. L., Conn, L. A., & Pinner, R. W. (1999). Trends in infectious disease mortality in the United States during the 20th century. JAMA, 281(1), 61–66.
    https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/9892452/
  2. Centers for Disease Control and Prevention. (1999). Achievements in Public Health, 1900–1999: Control of Infectious Diseases.
    https://www.cdc.gov/mmwr/preview/mmwrhtml/mm4829a1.htm
  3. Galazka, A., Robertson, S. E., & Oblapenko, G. (1995). Diphtheria: Manual for the Management and Control of Outbreaks in the WHO European Region. WHO Europe.
    https://apps.who.int/iris/handle/10665/108107
  4. Hamlin, C. (1998). Public Health and Social Justice in the Age of Chadwick: Britain, 1800–1854. Cambridge University Press.
    https://www.cambridge.org/core/journals/medical-history/article/edwin-chadwick-revisited-christopher-hamlin-public-health-and-social-justice-in-the-age-of-chadwick-britain-18001854-cambridge-history-of-medicine-series-cambridge-university-press-1998-pp-vii-368-4000-6495-0521583632/0204A812F60D5C0107E5A13043CE30B5
  5. McKeown, T. (1976). The Role of Medicine: Dream, Mirage, or Nemesis? Oxford University Press. https://www.jstor.org/stable/j.ctt7zvwjp
  6. Porter, D. (1997). Health, Civilization and the State: A History of Public Health from Ancient to Modern Times. Routledge.
    https://www.routledge.com/Health-Civilization-and-the-State-A-History-of-Public-Health-from-Ancient-to-Modern-Times/Porter/p/book/9780415200363
  7. Szreter, S. (1988). The importance of social intervention in Britain’s mortality decline c.1850–1914: A re-interpretation of the role of public health. Social History of Medicine, 1(1), 1–38.
    https://doi.org/10.1093/shm/1.1.1
  8. World Health Organization. (2014). Water, sanitation and hygiene interventions and the prevention of diarrhoea.
    https://www.who.int/tools/elena/bbc/wsh-diarrhoea

Autore testo, data mixing e data mining: Davide Suraci
Pubblicato il 27 Maggio 2025 su: Autoimmunity Reactions

🟦🟥 Uomini, donne e vaiolo: una lezione dimenticata dall’Ottocento

🪶 Introduzione: quando i numeri non bastano

Alla fine del XIX secolo, il vaiolo era ancora una delle malattie più temute in Europa. In Italia, nonostante le campagne vaccinali iniziate con l’Unità nazionale, le epidemie si presentavano ciclicamente con violenza, causando migliaia di morti. In questo contesto, Carlo Ruata, medico e professore di Igiene all’Università di Perugia, si distinse per il rigore e il coraggio delle sue analisi.

Tra il 1887 e il 1889, Ruata raccolse i dati ufficiali sulla mortalità da vaiolo suddivisi per sesso ed età. Le sue conclusioni, contenute in una serie di pubblicazioni accademiche e interventi pubblici, erano chiare ma scomode: gli uomini adulti morivano più delle donne, pur essendo più frequentemente rivaccinati.

Questa constatazione, per nulla ovvia, metteva in discussione l’efficacia della rivaccinazione come unica misura protettiva. E, ancor più profondamente, suggeriva che l’immunità non fosse solo un fatto biologico, ma anche sociale, esperienziale, relazionale.


📊 1. I dati parlano chiaro

🖼️ “Distribuzione delle morti per vaiolo (1887–1889)”

Nel triennio considerato, Ruata documenta che sotto i 20 anni uomini e donne muoiono per vaiolo in proporzioni pressoché identiche. Ciò è coerente con la politica sanitaria dell’epoca: la vaccinazione infantile era obbligatoria e veniva somministrata con regolarità a entrambi i sessi.

Ma nella popolazione sopra i 20 anni, la situazione cambia. Gli uomini, che avevano più probabilità di ricevere una seconda vaccinazione (soprattutto per via della leva militare), presentano un tasso di mortalità sensibilmente più alto rispetto alle donne.

📍 Numeri complessivi (1887–1889):

  • Morti <20 anni:
    • Uomini: 18.972
    • Donne: 18.967
  • Morti >20 anni:
    • Uomini: 5.745
    • Donne: 4.091

➡️ Una differenza di 1.654 decessi in più tra gli uomini adulti.


📈 2. Un confronto visivo che racconta due storie

🖼️ “Confronto tra fasce d’età e sessi”

Se osserviamo i dati sotto forma di grafico, l’effetto è evidente. I bambini e gli adolescenti, uomini e donne, sembrano colpiti in modo simile. Ma nel segmento adulto, il grafico a barre della popolazione maschile si alza vistosamente.

Ruata stesso era consapevole che la statistica è uno strumento potente, ma va sempre letta alla luce del contesto. Un numero è solo un inizio: bisogna domandarsi cosa racconta della realtà.

👉 Clicca qui per visualizzare il grafico interattivo


🧠 3. Vaccinati, ma non protetti?

🖼️ “Vaccinati ma più colpiti”

Sarebbe stato logico aspettarsi il contrario: gli uomini, più frequentemente rivaccinati, dovevano essere più protetti. In particolare, i militari ricevevano dosi aggiuntive durante il servizio, proprio per ridurre il rischio di epidemie nelle caserme.

Eppure, i dati sembrano dire altro. L’efficacia della rivaccinazione, almeno in questa popolazione adulta, appare limitata. Ruata non lo dice con leggerezza. Ma osserva con attenzione: dove c’è più vaccinazione, non c’è meno mortalità. E questo lo porta a riconsiderare un possibile fattore che oggi potremmo chiamare “esposizione naturale”.


🧬 4. Il potere invisibile dell’esperienza quotidiana

🖼️ “Immunità dall’esperienza quotidiana”

Qui Ruata compie un salto interpretativo notevole, che lo rende modernissimo. A suo avviso, le donne adulte erano più spesso a contatto con il vaiolo nella vita quotidiana. Non lavoravano in caserma, non andavano al fronte, ma assistevano i malati, accudivano i bambini, curavano i parenti infetti.

Questa esposizione — ripetuta, indiretta, ma costante — avrebbe potuto rafforzare l’immunità in modo naturale. Non un’immunità da laboratorio, ma una resistenza costruita nella carne e nel gesto quotidiano.


🤔 5. Una lezione ancora viva

🖼️ “Numeri e contesto sociale”

La riflessione di Ruata è, a suo modo, radicale. Afferma che la salute di una persona dipende da ciò che fa, da dove vive, da chi cura, da come si espone.

In un’epoca come la nostra, in cui si dibatte ancora su vaccinazioni, immunità di gregge, contatto, esposizione e rischio, le parole di Ruata suonano attualissime.

“…La medicina è soprattutto una lettura della società, dei ruoli, dei corpi che vivono insieme…”

📎 Conclusione

Il caso del vaiolo e della riflessione di Carlo Ruata ci ricorda una verità che spesso dimentichiamo: dietro ogni dato sanitario ci sono delle vite, e ogni vita è immersa in un contesto.

Nel XIX secolo, come oggi, le risposte mediche devono tenere conto non solo della biologia, ma anche del lavoro invisibile, dell’esposizione involontaria, delle differenze sociali e di genere. Solo così possiamo davvero capire chi si ammala e perché.

💦 Fonti e approfondimenti

  • Dati originali estratti dal volume Vaccinazione Sua storia e suoi effetti -1912: Carlo Ruata.
  • Elaborazione graficatestuale, data mining e data mixing: Davide Suraci, 2025.
  • Testo e contestualizzazione storica: Davide Suraci – Basati su fonti medico-sanitarie e storiche.
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