🧑‍⚕️Carlo Ruata e il declino del vaiolo: la lezione dimenticata di un medico controcorrente..

Nel dibattito contemporaneo sulla salute pubblica e sul ruolo delle vaccinazioni, vale la pena guardarsi indietro e riscoprire figure che, con coraggio e rigore, hanno saputo sfidare il pensiero dominante. Uno di questi è il Dottor Carlo Ruata, medico, docente e igienista italiano del XIX secolo, che con metodo e spirito critico ha lasciato un’eredità intellettuale di straordinaria attualità. In un’epoca in cui la vaccinazione antivaiolosa era già imposta per legge e sostenuta con forza dallo Stato, Ruata decise di fare ciò che ogni scienziato dovrebbe: mettere alla prova i dogmi con i dati.


1. 🕰 Il contesto storico: vaiolo e salute pubblica nell’Italia post-unitaria

Tra il 1887 e il 1900 l’Italia affrontò un periodo di grandi trasformazioni, anche in ambito sanitario. Il vaiolo, da secoli tra le malattie più temute, era ancora presente in maniera endemica in molte regioni. Tuttavia, in quel quindicennio si osservò un declino drastico dei decessi per vaiolo, fenomeno che si è spesso attribuito automaticamente al successo della vaccinazione.

In quegli anni si diffondeva anche una nuova visione della salute pubblica: lo Stato cominciava a prendere sul serio il ruolo delle infrastrutture igieniche e delle pratiche preventive, mentre si affermava l’importanza dell’educazione sanitaria. Tuttavia, la narrazione ufficiale si concentrava su un solo protagonista: il vaccino antivaioloso.


2. 📊 I dati di Ruata: quando la realtà non segue la teoria

Carlo Ruata si dedicò alla raccolta sistematica di dati sulle malattie infettive in Italia, sfruttando una rete di medici e archivi sanitari locali. I suoi risultati, pubblicati in diversi scritti e tabelle, mettevano in luce una verità scomoda: le regioni con la più alta copertura vaccinale continuavano a registrare un numero elevato di casi di vaiolo.

In particolare, il Centro-Sud e le isole mostrano tassi di vaccinazione superiori al 90-95%, ma al contempo presentano un’incidenza di vaiolo ben più alta rispetto al Nord. Al contrario, regioni del Centro-Nord e città come Torino, Bologna e Milano, pur con coperture più basse, registravano tassi di morbilità vicini allo zero.

Un dettaglio ancor più inquietante emergeva dalle sue osservazioni sociali: le classi più agiate, che spesso evitavano la vaccinazione, non risultavano colpite dalla malattia. Questo indicava che le condizioni igienico-abitative, l’accesso a spazi meno promiscui e la possibilità di isolamento fossero fattori molto più rilevanti.

Quella qui sotto è la tabella statistica indicante l’andamento delle malattie infettive in Italia nell’intervallo di tempo compreso fra il 1887 e il 1900 dal Dottor Carlo Ruata. I dati sono stati da lui minuziosamente raccolti ed elaborati per dimostrare come, in assenza di vaccinazioni, tali malattie abbiano avuto un declino. Le cause di questo fenomeno, sosteneva il Dottor Carlo Ruata, erano da ricercarsi nelle misure politiche, economiche e sociali di salute pubblica adottate in quegli anni dai governi in carica.

Nel grafico sottostante, estratto direttamente dalla tabella di dati elaborati dal Dottor Carlo Ruata qui sopra riportata, è possibile osservare l’andamento delle più diffuse malattie infettive in Italia nel periodo compreso fra il 1887 e il 1900. Si può osservare che, per tutte, si è verificato un declino lento ma costante in totale assenza di vaccinazioni. Per quanto riguarda il vaiolo, la vaccinazione relativa divenne obbligatoria nel Regno d’Italia con la legge sanitaria del 22 dicembre 1888, nota come legge Crispi-Pagliani . Questa legge imponeva la vaccinazione contro il vaiolo per tutti i nuovi nati, rappresentando la prima vaccinazione obbligatoria a livello nazionale in Italia.​

Dal grafico sottostante (linea nera – vaiolo) si può osservare come il declino di questa malattia infettiva avvenne in misura molto marcata per effetto delle misure igienico – sanitarie adottate (anche se in maniera disforme sul territorio nazionale) attraverso le politiche di risanamento delle grandi città e delle bonifiche agrarie.

Il declino del vaiolo è stato attribuito arbitrariamente in tempi moderni alla vaccinazione antivaiolosa sostenuta da Edward Jenner e, in Italia, da Luigi Sacco. Allo stato attuale non esistono dimostrazioni, statistiche, né studi storici che abbiano mai sostenuto il ruolo della vaccinazione antivaiolosa nell’eradicazione della malattia, dovuta principalmente alla cattivissima gestione epidemiologica e alla scarsissima conoscenza delle misure fondamentali di igiene pubblica. Misure che consentirono l’abbattimento dei casi anche in Italia grazie a medici illuminati come il Dottor Professor Carlo Ruata e il Dottor Antonino Ranfaldi. Essi istituirono (testimonianze documentatissime!) la pratica dell’isolamento dei soggetti infetti e della diffusione di pratiche igienico-sanitarie a scopo preventivo e risanativo veramente rivoluzionarie (clicca sul grafico per ingrandirlo).


3. 🧑‍⚕️ Un medico controcorrente: tra dati, scienza e libertà

Carlo Ruata non era un “antivaccinista” nel senso moderno del termine. Era un medico, un accademico, un igienista impegnato. Ma soprattutto era un uomo di scienza: chiedeva evidenze, trasparenza, verificabilità.

La sua opposizione alla vaccinazione obbligatoria non era ideologica, ma scientifica ed etica. Riteneva che nessuna pratica sanitaria potesse essere imposta senza una comprovata efficacia e senza un dibattito pubblico informato. La vaccinazione antivaiolosa, secondo i dati che aveva analizzato, non rispondeva a questi requisiti.

Ruata parlava di una “medicina dogmatica”, in cui lo Stato, in nome della scienza, imponeva obblighi sanitari senza considerare la pluralità delle evidenze e delle esperienze. Una critica quanto mai attuale.


4.🚰 Se non il vaccino, allora cosa ha fermato il vaiolo?

Secondo Ruata, il declino del vaiolo era da attribuire a cause strutturali e culturali, non alla vaccinazione. Egli puntava il dito su ciò che oggi riconosciamo come determinanti sociali della salute:

  • Miglioramento dell’accesso all’acqua potabile.
  • Diffusione dei sistemi fognari.
  • Bonifica di zone paludose.
  • Maggiore consapevolezza igienica nelle scuole e nelle famiglie.
  • Migliore capacità di isolamento dei malati.

La Legge Crispi-Pagliani del 1888 fu fondamentale nel codificare un nuovo modello di salute pubblica. Le amministrazioni comunali furono obbligate a dotarsi di regolamenti sanitari, di strumenti di segnalazione delle malattie e a migliorare la vivibilità urbana. Le grandi città del Nord adottarono rapidamente queste misure, e i risultati non tardarono ad arrivare.

Nel frattempo, altre malattie infettive (per le quali non esistevano vaccini) mostrarono un calo simile o addirittura più marcato rispetto al vaiolo. Questo includeva la scarlattina, la difterite, la febbre tifoide, la pertosse, la malaria. Se la vaccinazione antivaiolosa fosse stata il fattore decisivo, perché anche queste patologie si erano ridotte drasticamente?

5. 📢 La posizione di Ruata sulla vaccinazione antivaiolosa

1. Contrario all’obbligo vaccinale

  • Ruata non era contrario alla scienza, ma al dogma: sosteneva che la vaccinazione non doveva essere imposta, soprattutto in assenza di prove chiare della sua efficacia e sicurezza.
  • Considerava l’obbligo una violazione della libertà individuale e della dignità della professione medica, che doveva basarsi sull’evidenza e non sull’autorità.

2. Critico verso l’efficacia reale del vaccino

  • Osservava che i casi di vaiolo colpivano soprattutto popolazioni già vaccinate, e che le statistiche ufficiali venivano spesso presentate in modo fuorviante o parziale.
  • Notava che le epidemie più violente scoppiavano in contesti ad alta copertura vaccinale, mentre le classi sociali elevate, spesso non vaccinate, ne erano quasi esenti.

3. Attento osservatore dei dati, senza preconcetti

  • Ruata era un scienziato empirico: credeva nell’osservazione dei fatti, nei numeri, nella verifica.
  • Le sue conclusioni si fondavano su documentazione concreta, raccolta attraverso una rete di medici locali e registri anagrafici.

6. 🧠 Una lezione per il presente: scienza, dubbio e responsabilità

Oggi, alla luce delle riflessioni di Carlo Ruata, possiamo porci una domanda fondamentale: quanto spazio resta al dubbio scientifico in una società che tende a medicalizzare ogni rischio?

La vicenda del vaiolo, così come Ruata ce l’ha raccontata, non è solo una pagina di storia sanitaria, ma un monito sulla necessità di non confondere autorità con verità. La scienza non è un sistema dogmatico, ma un processo in continua revisione. Le ipotesi vanno messe alla prova, i dati analizzati, le politiche valutate alla luce dei risultati, non delle intenzioni.

Ruata ci ha lasciato un esempio di rigore, indipendenza intellettuale e onestà scientifica. Il suo lavoro invita chiunque si occupi di salute pubblica, politica sanitaria o comunicazione scientifica a non dare mai nulla per scontato, a distinguere tra narrazione e realtà, tra convinzione e evidenza.

Perché la vera medicina non è quella che rassicura, ma quella che osserva, misura, ascolta e corregge.


6. 📝 Conclusioni

Il caso di Carlo Ruata e del declino del vaiolo rappresenta un’opportunità per ripensare il rapporto tra scienza, politica e società. La storia ci insegna che i grandi cambiamenti in ambito sanitario non sono mai frutto di una sola causa, ma dell’interazione tra più fattori: sociali, ambientali, organizzativi, culturali.

La riduzione del vaiolo tra il 1887 e il 1900 appare oggi come l’effetto sinergico di pratiche igienico-sanitarie migliorate, di interventi normativi illuminati e di una crescente consapevolezza pubblica. La vaccinazione, pur presente, non sembra aver avuto il ruolo determinante che la storiografia ufficiale le ha spesso attribuito.

Ruata ci invita a un approccio più sobrio, più analitico, più critico verso le semplificazioni. In un mondo dove la scienza viene spesso invocata per giustificare decisioni politiche, il suo lavoro ci ricorda che la vera autorità scientifica non si impone: si dimostra, si discute, si verifica.

In definitiva, Ruata ci lascia un’eredità che va oltre la questione del vaiolo. È un richiamo alla libertà di ricerca, al rispetto dei dati, e al coraggio di dissentire quando la verità richiede più domande che risposte facili.

📚 Fonti e approfondimenti

Testo e contestualizzazione storica: Davide Suraci – Basati su fonti medico-sanitarie e storiche.

Dati originali estratti dal volume Vaccinazione Sua storia e suoi effetti -1912: Carlo Ruata.

Elaborazione grafica, testuale, data mining e data mixing: Davide Suraci, 1 Maggio 2025.

🟦🟥 Uomini, donne e vaiolo: una lezione dimenticata dall’Ottocento

🪶 Introduzione: quando i numeri non bastano

Alla fine del XIX secolo, il vaiolo era ancora una delle malattie più temute in Europa. In Italia, nonostante le campagne vaccinali iniziate con l’Unità nazionale, le epidemie si presentavano ciclicamente con violenza, causando migliaia di morti. In questo contesto, Carlo Ruata, medico e professore di Igiene all’Università di Perugia, si distinse per il rigore e il coraggio delle sue analisi.

Tra il 1887 e il 1889, Ruata raccolse i dati ufficiali sulla mortalità da vaiolo suddivisi per sesso ed età. Le sue conclusioni, contenute in una serie di pubblicazioni accademiche e interventi pubblici, erano chiare ma scomode: gli uomini adulti morivano più delle donne, pur essendo più frequentemente rivaccinati.

Questa constatazione, per nulla ovvia, metteva in discussione l’efficacia della rivaccinazione come unica misura protettiva. E, ancor più profondamente, suggeriva che l’immunità non fosse solo un fatto biologico, ma anche sociale, esperienziale, relazionale.


📊 1. I dati parlano chiaro

🖼️ “Distribuzione delle morti per vaiolo (1887–1889)”

Nel triennio considerato, Ruata documenta che sotto i 20 anni uomini e donne muoiono per vaiolo in proporzioni pressoché identiche. Ciò è coerente con la politica sanitaria dell’epoca: la vaccinazione infantile era obbligatoria e veniva somministrata con regolarità a entrambi i sessi.

Ma nella popolazione sopra i 20 anni, la situazione cambia. Gli uomini, che avevano più probabilità di ricevere una seconda vaccinazione (soprattutto per via della leva militare), presentano un tasso di mortalità sensibilmente più alto rispetto alle donne.

📍 Numeri complessivi (1887–1889):

  • Morti <20 anni:
    • Uomini: 18.972
    • Donne: 18.967
  • Morti >20 anni:
    • Uomini: 5.745
    • Donne: 4.091

➡️ Una differenza di 1.654 decessi in più tra gli uomini adulti.


📈 2. Un confronto visivo che racconta due storie

🖼️ “Confronto tra fasce d’età e sessi”

Se osserviamo i dati sotto forma di grafico, l’effetto è evidente. I bambini e gli adolescenti, uomini e donne, sembrano colpiti in modo simile. Ma nel segmento adulto, il grafico a barre della popolazione maschile si alza vistosamente.

Ruata stesso era consapevole che la statistica è uno strumento potente, ma va sempre letta alla luce del contesto. Un numero è solo un inizio: bisogna domandarsi cosa racconta della realtà.

👉 Clicca qui per visualizzare il grafico interattivo


🧠 3. Vaccinati, ma non protetti?

🖼️ “Vaccinati ma più colpiti”

Sarebbe stato logico aspettarsi il contrario: gli uomini, più frequentemente rivaccinati, dovevano essere più protetti. In particolare, i militari ricevevano dosi aggiuntive durante il servizio, proprio per ridurre il rischio di epidemie nelle caserme.

Eppure, i dati sembrano dire altro. L’efficacia della rivaccinazione, almeno in questa popolazione adulta, appare limitata. Ruata non lo dice con leggerezza. Ma osserva con attenzione: dove c’è più vaccinazione, non c’è meno mortalità. E questo lo porta a riconsiderare un possibile fattore che oggi potremmo chiamare “esposizione naturale”.


🧬 4. Il potere invisibile dell’esperienza quotidiana

🖼️ “Immunità dall’esperienza quotidiana”

Qui Ruata compie un salto interpretativo notevole, che lo rende modernissimo. A suo avviso, le donne adulte erano più spesso a contatto con il vaiolo nella vita quotidiana. Non lavoravano in caserma, non andavano al fronte, ma assistevano i malati, accudivano i bambini, curavano i parenti infetti.

Questa esposizione — ripetuta, indiretta, ma costante — avrebbe potuto rafforzare l’immunità in modo naturale. Non un’immunità da laboratorio, ma una resistenza costruita nella carne e nel gesto quotidiano.


🤔 5. Una lezione ancora viva

🖼️ “Numeri e contesto sociale”

La riflessione di Ruata è, a suo modo, radicale. Afferma che la salute di una persona dipende da ciò che fa, da dove vive, da chi cura, da come si espone.

In un’epoca come la nostra, in cui si dibatte ancora su vaccinazioni, immunità di gregge, contatto, esposizione e rischio, le parole di Ruata suonano attualissime.

“…La medicina è soprattutto una lettura della società, dei ruoli, dei corpi che vivono insieme…”

📎 Conclusione

Il caso del vaiolo e della riflessione di Carlo Ruata ci ricorda una verità che spesso dimentichiamo: dietro ogni dato sanitario ci sono delle vite, e ogni vita è immersa in un contesto.

Nel XIX secolo, come oggi, le risposte mediche devono tenere conto non solo della biologia, ma anche del lavoro invisibile, dell’esposizione involontaria, delle differenze sociali e di genere. Solo così possiamo davvero capire chi si ammala e perché.

💦 Fonti e approfondimenti

  • Dati originali estratti dal volume Vaccinazione Sua storia e suoi effetti -1912: Carlo Ruata.
  • Elaborazione graficatestuale, data mining e data mixing: Davide Suraci, 2025.
  • Testo e contestualizzazione storica: Davide Suraci – Basati su fonti medico-sanitarie e storiche.
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