Se esiste una premessa ampiamente accettata e condivisa anche dagli autori dei libri di testo di medicina, perché nessuno ha ancora iniziato un’indagine a tappeto sui danni provocati dai vaccini? E chi l’ha detto che il danno vaccinale non è dimostrabile? Sotto gli incessanti colpi dell’indagine bibliografica e correlativa stanno emergendo i minuscoli tasselli di un puzzle che, lungi dal considerarsi completo e completabile, stanno trasformando i sospetti in prove concrete. Se la maggioranza dei medici e dei pediatri esclude l’esistenza del danno vaccinale mentre la pratica clinica dimostra ampiamente la sussistenza del danno indotto dai fattori ambientali, allora come spiegare il fatto che quegli stessi medici non mettano in guardia i genitori da questa tipologia di danni e, nello specifico, da quella indotta dai componenti dei vaccini? Esiste una bibliografia scientifica, consultabile a vari livelli, sistematicamente ignorata, che dimostra l’esistenza dei fisiologismi attraverso cui si concretizza il danno biologico operato dagli agenti inquinanti presenti nell’ambiente: come mai viene esclusa a priori l’azione perturbatrice dei componenti vaccinali?
Come rendere compatibile la “farmacogenetica” (volta ad individuare farmaci individualizzati che tengano conto delle specificità genetiche dei singoli pazienti) con la teoria dell’“immunità di gregge” che viene ancora oggi supportata a pretesto del vaccino unico per tutti senza tener conto delle specificità dei soggetti?
Nel “Manuale di Patologia Generale e Anatomia Patologica” di Robbins, Kumar & Klatt, viene esplicitamente ammesso che:
a) i polimorfismi genetici sono molto comuni nelle popolazioni umane e che essi sono in grado di slatentizzare la predisposizione cellulare al danno da parte di numerosi fattori esterni (agenti chimici e altri insulti ambientali);
b) i polimorfismi e le altre mutazioni di cui i soggetti possono essere portatori possono comportare, a causa di anomalie della biosintesi intermedia, la produzione di enzimi che vengono prodotti in quantità ridotte oppure in varianti dotate di scarsa bioattivitá, il blocco delle attività metaboliche;
c) esistono delle reazioni avverse ai farmaci geneticamente determinate e che di esse se ne sta occupando la “farmacogenetica” nel tentativo di realizzare, in futuro, dei farmaci personalizzati.
I vari co-autori del testo suggeriscono la lettura della seguente bibliografia in merito alle modifiche della risposta infiammatoria delle cellule e dei tessuti a fronte dell’azione dei cambiamenti ambientali, nonché un’eccellente panoramica sulle varie famiglie di recettori e di quelli “Toll-like” nel riconoscimento del danno biologico.
“Evolution of inflammatory diseases.” Okin D, Medzhitov R: Curr Biol 22: R733–40, 2012. [Un’interessante discussione concettuale sull’equilibrio tra l’elevato dispendio potenziale e i benefici della risposta infiammatoria e su come questo equilibrio può essere disturbato dai cambiamenti ambientali, che rappresentano l’associazione tra l’infiammazione e molte delle malattie del mondo moderno.]
“The sterile inflammatory response.” Rock KL, Latz E, Ontiveros F, et al: Annu Rev Immunol 28:321–42, 2010. [Un’eccellente discussione su come il sistema immunitario riconosce le cellule necrotiche e altri agenti lesivi non infettivi.]
“Pattern recognition receptors and inflammation.“ T akeuchi O, Akira S: Cell 140:805, 2010. [Un’eccellente panoramica sui recettori Toll-like e su altre famiglie di recettori di riconoscimento del danno e sui loro ruoli nella difesa dell’ospite e nell’infiammazione.]