L’istamina è una delle ammine biogene più versatili con molteplici ruoli durante la risposta immunitaria e nei disturbi allergici. Con quattro distinti recettori accoppiati a proteine G(H1R, HER, H3R e H4R), siti di legame istaminico intracellulare(molto probabilmente membri della famiglia del citocromo P450) e un trasportatore di membrana(Organic Cation Transporter; OCT3)espresso in varie cellule immunocompetenti , può intrattenere una complessa rete di interazioni. Queste “vie” di segnalazione sono espresse in modo differenziale, a seconda dello stadio di differenziazione o di attivazione delle cellule bersaglio, aggiungendo così un ulteriore grado di complessità al sistema. Per questo motivo, i dati pubblicati sono a volte in conflitto e variano a seconda del particolare tipo di cella o delle risposte analizzate e degli approcci sperimentali utilizzati.
D’altra parte, l’istamina è generata da diverse cellule durante la risposta immunitaria, non solo attraverso il rilascio di depositi intracellulari in mastociti o basofili in risposta a stimoli IgE-dipendenti o indipendenti, ma anche attraverso la neosintesi catalizzata dall’istidina decarbossilasi(HDC) in un certo numero di cellule ematopoietiche che secernono l’ammina immediatamente senza conservazione preliminare.
Queste caratteristiche consentono all’istamina di mettere a punto il sottile equilibrio tra immunità e tolleranza agendo sulle cellule dendritiche, sulle cellule immunoregolatrici, sulla polarizzazione delle cellule T e sulla produzione di citochine, aprendo la strada a nuove strategie farmacologiche per controllare la reattività immunitaria durante i disturbi immunitari, come l’autoimmunità.
Cos’è [01] un’infiammazione? Tale fase corrisponde molto genericamente alla risposta [02] del sistema immunitario a stimoli, sia interni che esterni.
Ci sono cinque segni che possono indicare[01] un’infiammazione acuta:
rossore
calore e/o aumento della temperatura corporea
gonfiore
dolore
perdita della funzionalità
Si verifica una perdita della funzionalità, ad esempio, quando l’infiammazione ad un arto ne rende impossibile il movimento o quando il [03] l’olfatto viene compromesso durante un raffreddore, oppure quando la respirazione diviene difficoltosa in casi di affezioni delle vie respiratorie.
Nota: non tutti i segni sono presenti in ogni [01] infiammazione: in alcuni casi essi si verificano “silenziosamente” e senza causare alcun sintomo.
Molte differenti [04] cellule immunitarie possono prendere parte ad [01] un’infiammazione, rilasciando sostanze diverse, chiamate mediatori dell’infiammazione: questi includono il [05] tessuto, gli [06] ormoni, la bradichinina – un composto rilasciato nel sangue in alcune circostanze che causa la contrazione della muscolatura liscia e la dilatazione dei vasi sanguigni. È un peptide che comprende nove residui di amminoacidi– e [07] l’istamina. Essi causano l’espansione dei [08] vasi sanguigni presenti nei tessuti infiammati, consentendo ad una maggiore quantità di sangue di raggiungere tali tessuti, che si arrossano e si riscaldano.
Quindi, l’infiammazione è innescata da una lesione o da una ferita dovuta a stimoli interni o esterni, nel nostro caso la dentizione: questa fase comporta uno stress meccanico (dovuto alla crescita dei denti) ed alla fine lacerazione di cellule e tessuti, che rilascia contenuti intracellulari nello spazio extracellulare attivando le cellule immunitarie residenti, che a loro volta rilasciano i cosiddetti “fattori pro-infiammatori”, un cocktail di diverse sostanze chimiche che attivano una poderosa risposta infiammatoria.
L’infiammazione stessa può anche causare patologie autoimmuni croniche.
Un’infiammazione non è sempre una risposta utile del corpo. In alcune malattie il sistema immunitario combatte per errore le proprie cellule, provocando reazioni infiammatorie dannose.
Istamina e sistema istaminergico
[09] Il concetto di “sistema istaminergico“ ha ottenuto l’accettazione generale solo nel 1984, dopo la dimostrazione immunoistochimica che il nucleo tuberomamillare (TM) era l’unica sede dei neuroni istaminergici e l’origine [10, 11]di proiezioni istaminergiche ampiamente distribuite. Ora si pensa che il sistema istaminergico dei nuclei tuberomamillari (TM) coordini gli stati generali di metabolismo e coscienza, incluso il letargo ed il componente sedativo dell’anestesia.
L’istamina è una molecola di segnalazione presente nello stomaco, nella pelle, nei sistemi immunitario e nervoso. L’ipotalamo posteriore è l’unica fonte di neuroni contenenti istamina, che innervano l’intero sistema nervoso centrale e sono attivi esclusivamente durante la veglia. Tre dei quattro recettori noti dell’istamina metabotropici sono ampiamente espressi nel cervello.
È formata all’interno e rilasciata dai neuroni del sistema nervoso centrale ed è un importante[09, 09a, 12]regolatore di diverse funzioni cerebrali. [13, 14]I recettori dell’istamina sono tutti espressi in modelli distinti nel cervello.
Paradossalmente, l’esistenza di ruoli ben consolidati per l’istamina al di fuori del sistema nervoso è un fattore che ha ostacolato l’accettazione di questa ammina in funzione di messaggero neuronale!
Oltre all’istamina, i nuclei tuberomamillari (TM) contengono altri neurotrasmettitori e modulatori: l’enzima sintetizzante qual è l’acido γ-amminobutirrico GABA e gli [15-17] anticorpi anti-GADA o decarbossilasi dell’acido glutammico (glutamic acid decarboxylase o GAD )[18]sono presenti in molteplici neuroni tuberomamillari.
Cellule contenenti (e rilasciatrici di) istamina
In molte specie, una percentuale significativa dell’istamina cerebrale totale si trova nei mastociti, da dove viene rilasciata e può influenzare i recettori neuronali, ad esempio durante l’infiammazione. Il [19] ricambio dell’istamina nei mastociti è molto più lento che nei neuroni (si veda l’immagine qui sopra)
L’attività dei neuroni istaminergici è [20, 21]alta durante il risveglio e l’attenzione, e bassi o assenti durante il sonno. Si ritiene che l’inibizione durante il sonno sia principalmente mediata dalla produzione di GABA dall’area preoptica ventrolaterale (VLPO), una regione del cervello che mostra un’elevata attività durante la fase di sonno profondo
Nell’amigdala [22]l’attivazione dei recettori istaminergici (o dell’istamina) H3 migliore il consolidamento della memoria della paura, mentre gli antagonisti dei recettori H3 [23]danneggiano tale memoria della paura. La somministrazione sistemica di R-α-metilistamina, sostanza antagonista dei recettori H3 – che avvia una risposta fisiologica in combinazione con un recettore –[24, 25]migliora la memoria spaziale nelle cavie da laboratorio, in specifico nei topi.
Somministrazione sistemica di R-α-metilistamina, sostanza agonista dei recettori H3.
I risultati sono coerenti con il concetto che l’istamina è coinvolta nei meccanismi limbici dell’apprendimento e della memoria, specialmente attraverso il recettore istaminergico H3.
«Riassumendo tutti i documenti scientifici e libri consultati,
l’attivazione di un piccolo numero di cellule classificate come ‘tuberomammillary’ (il cui nucleo è un sottonucleo del terzo posteriore dell’ipotalamo) è atta al rilascio di istamina, che aumenta successivamente l’eccitabilità nelle cellule bersaglio largamente diffuse nel cervello.
I neuroni istaminergici sono anche in grado di fornire una discreta e rapida neurotrasmissione nel cervello: un certo numero di altri sistemi di trasmettitori è in grado di interagire con i neuroni istaminergici. Il recettore H3 svolge la funzione di ***eterorecettore inibitorio*** [recettori che modulano (in senso positivo o negativo) il rilascio di altri neurotrasmettitori, neuromodulatori oppure neurormoni da parte di neuroni e/o cellule adiacenti].
Così, l’attivazione dei recettori dell’istamina H3 nel cervello diminuisce il rilascio di
• acetilcolina,
• dopamina,
• noradrenalina,
• serotonina,
• alcuni peptidi
Tuttavia, l’istamina – potente regolatore di molte funzioni ipotalamiche, fra cui le risposte neuroendocrine, in particolare il rilascio di vasopressina – può anche aumentare l’attività di alcuni di questi sistemi attraverso recettori H1 e/o H2
I neuroni istaminergici possono partecipare a questi processi, contribuendo a cambiamenti vascolari, ad alterazioni della barriera emato-encefalica, ad alterazioni della funzione immunitaria o addirittura alla morte delle cellule».
[09] Haas et al. – The role of histamine and the tuberomamillary nucleus in the nervous system | doi: 10.1038/nrn1034
[09a] Scott T. Brady. – Basic Neurochemistry – Principles of Molecular, Cellular and Medical Neurobiology – Eighth Edition | ISBN: 978-0-12-374947-5
[10] Panula, P., Yang, H. Y. & Costa, E. – Histamine-containing neurons in the rat hypothalamus. Proc. Natl Acad. Sci. USA 81, 2572–2576 (1984). The first direct demonstration of the histaminergic system in the brain; see also reference 11
[11] Watanabe, T et al. – Distribution of the histaminergic neuron system in the central nervous system of rats: a fluorescent immunohistochemical analysis with histidine decarboxylase as a marker. Brain Res. 295, 13–25 (1984). The first direct demonstration of the histaminergic system in the brain; see also reference 10. The research group oh Hiroshi Watanabe represented a major focus of histimanine research
[13] Bouthenet, M. L., Ruat, M., Sales, N., Garbarg, M. & Schwartz, J. C. – A detailed mapping of histamine histamine H1- receptors in guinea-pig central nervous system established by audiography with iodolpyramine | doi: 10.1016/0306-4522(88)90167-4
TheJ.C. Schwartz and his group have made some of the most important contributions in the fields of biochemistry and pharmacology of histamine in the brain. They detected and characterized the H2-autoreactor
[15] Sakai et al. – Sleep-Waking Discharge of Ventral Tuberomammillary Neurons in Wild-Type and Histidine Decarboxylase Knock-Out Mice | doi: 10.3389/fnbeh.2010.00053
[16] Vincent S.R et al. – Hypothalamic gamma-aminobutyric acid neurons project to the neocortex | doi: 10.1126/science.6857253
[17] Takeda N. et al. – Immunohistochemical evidence for the coexistence of histidine decarboxylase-like and glutamate decarboxylase-like immunoreactivities in nerve cells of the magnocellular nucleus of the posterior hypothalamus of rats | pmid: 6594708
[18] Ericson et al. – GABA-like immunoreactivity in the tuberomammillary nucleus: An electron microscopic study in the rat | doi: 10.1002/cne.903050309
[19] Jack R.Cooper et al. – The Biochemical Basis of Neuropharmacology | ISBN-10: 0-19-514007-9
[20] Helmut Haas & Pertti Panula – The role of histamine and the tuberomamillary nucleus in the nervous system | doi: 10.1038/nrn1034
[21] Parmentier et al. – Anatomical, Physiological, and Pharmacological Characteristics of Histidine Decarboxylase Knock-Out Mice: Evidence for the Role of Brain Histamine in Behavioral and Sleep–Wake Control | PMID: 12196593
[22] Cangioli et al. – Activation of histaminergic H3 receptors in the rat basolateral amygdala improves expression of fear memory and enhances acetylcholine release | doi: 10.1046/j.1460-9568.2002.02092.x
[23] Baldi et al. – The H3 receptor protean agonist proxyfan enhances the expression of fear memory in the rat | doi: 10.1016/j.neuropharm.2004.09.009
[24] Divya Vohora –The Third Histamine Receptor: Selective Ligands as Potential Therapeutic Agents in CNS Disorders | ISBN-10: 1-4200-5392-2
[25] Rubio et al. – Improvement of spatial memory by (R)-alpha-methylhistamine, a histamine H(3)-receptor agonist, on the Morris water-maze in rat | doi: 10.1016/S0166-4328(01)00328-X
Questa piccola collezione di studi scientifici evidenzia come le cause che possono indurre le encefalopatie definite erroneamente come “autismo”hanno come denominatore comune un’origine di tipo neurotossico. Dal mercurio all’alluminio, ai vaccini coniugati, all’elevato livello di anticorpi per il morbillo nei vaccinati con MPR, alla presenza di DNA fetale, all’insorgenza di una o più condizioni autoimmuni a livello del sistema nervoso centrale, all’alterazione profonda dei rapporti di equilibrio del microbiota gastroenterico, il loro ruolo nel determinare disturbi neurologici di diversa natura e a vario livello di gravità è oramai accertato (Davide Suraci, alias autoimmunityreactions, alias yellowbrain).
Vaccini e autismo
Commentary–Controversies surrounding mercury in vaccines: autism denial as impediment to universal immunisation.
What is regressive autism and why does it occur? Is it the consequence of multi-systemic dysfunction affecting the elimination of heavy metals and the ability to regulate neural temperature?
A two-phase study evaluating the relationship between Thimerosal-containing vaccine administration and the risk for an autism spectrum disorder diagnosis in the United States
Abnormal measles-mumps-rubella antibodies and CNS autoimmunity in children with autism.
Uno studio pubblicato sul Journal of Biomedical Sciences ha stabilito che l’autoimmunità verso il sistema nervoso centrale può giocare un ruolo causale nell’autismo. I ricercatori hanno scoperto che poiché molti bambini autistici ospitano elevati livelli di anticorpi del morbillo, devono condurre uno studio sierologico sugli autoanticorpi anti-morbillo-parotite-rosolia (MMR) e della proteina basica della mielina (MBP). Hanno usato campioni di siero di 125 bambini autistici e 92 bambini controllati. La loro analisi ha mostrato un aumento significativo del livello di anticorpi MMR nei bambini autistici. Lo studio conclude che i bambini autistici hanno avuto una risposta anticorpale inappropriata o anormale alla MMR. Lo studio ha determinato che l’autismo potrebbe essere il risultato di un’infezione atipica del morbillo che produce sintomi neurologici in alcuni bambini. La fonte di questo virus potrebbe essere una variante del morbillo-virus o potrebbe essere il vaccino MPR.
La prima causa nota di autismo fu il virus della rosolia. Questa causa di autismo è nota dagli anni ’60. E il virus della rosolia è uno dei tre virus vivi nel vaccino MMR.
“… il virus della rosolia è una delle poche cause conosciute di autismo. ” Walter A. Orenstein, M.D. US as Assistant Surgeon General, Director National Immunization Program in a letter to the UK’s Chief Medical Officer 15 February 2002.
[*questo riferimento lo trovate nell’archivio web della pagina CDC – occorre cercare o scorrere la pagina per vedere il testo il testo originale in inglese: “rubella virus is one of the few known causes of autism“. Poiché i documenti citati nella pagina originale dal CDC come prove per l’assenza di collegamenti con il vaccino sono stati costantemente screditati, sembra che il CDC abbia deciso di rimuovere la pagina e sembra che qualcuno abbia eliminato anche le versioni archiviate della pagina dall’archivio web ].
“…rubella virus is one of the few known causes of autism…”
Robert E. Weibel, Vito Caserta, David E. Benor, Geoffrey Evans
viene rilevato:
Un totale di 48 bambini, dai 10 ai 49 mesi, hanno soddisfatto i criteri di inclusione dopo aver ricevuto il vaccino contro il morbillo, da solo o in combinazione. Otto bambini sono morti e il resto ha avuto regressione e ritardo mentale, convulsioni croniche, deficit motori e sensoriali e disturbi del movimento. L’insorgenza di segni o sintomi neurologici si è verificata con una distribuzione non casuale e statisticamente significativa dei casi nei giorni 8 e 9. Nessun caso è stato identificato dopo la somministrazione di parotite monovalente o vaccino contro la rosolia.
E conclude:
Questo raggruppamento suggerisce che una relazione causale tra il vaccino contro il morbillo e l’encefalopatia può esistere come una rara complicanza dell’immunizzazione del morbillo.
L’attenzione di numerosi ricercatori è sempre più orientata alla ricerca delle cause, dei fisiologismi e delle conseguenze dello stress ossidativo. Comprendere i fisiologismi del danno ossidativo significa modificare radicalmente sia le modalità di approccio diagnostico che quelle terapeutiche. In questa disamina viene evidenziata la natura dello stress ossidativo e le sue varie tipologie, focalizzando l’attenzione sulla serie limitata del DNA mitocondriale e sul fatto che i danni individuati in questa serie sono numericamente superiori a quelli individuati nel DNA nucleare. L’espressività genica viene fortemente condizionata da moltissimi fattori stressogeni e, tra questi, i componenti vaccinali. Quali effetti sul metabolismo cellulare? Quali conseguenze sul metabolismo dei tessuti, degli organi, dei sistemi? Quali implicazioni con il numero sempre crescente di patologie autoimmuni? A voi il percorso di conoscenza. (Premessa a cura di Davide Suraci, alias autoimmunityreactions, alias yellowbrain)
Tipi di danni ossidativi a mitocondri e mtDNA
[1]È possibile che si verifichino diversi tipi di danni ossidativi, di cui solo una [1a]serie limitata è stata specificamente individuata nel DNA mitocondriale, mentre si sospetta che la [1b]maggior parte di questo tipo di danni si verifichi nei mitocondri a causa delle condizioni ossidative della matrice. [1c]È noto da oltre un decennio che il livello stazionario del danno ossidativo nell‘mtDNA è superiore a quello dell‘nDNA: [1b]il DNA mitocondriale subisce 3-10 volte più danni del DNA nucleare a seguito di stress ossidativo. I danni endogeni ed ambientali influiscono quindi sul metabolismo del DNA mitocondriale che, avendo delle limitatissime capacità di autoriparazione, è maggiormente soggetto a mutazioni.
DNA Mitocondriale (mtDNA)
Nel
medesimo periodo di tempo, i ricercatori hanno identificato e
misurato varie forme di [2]danno
endogeno ed ambientale del DNA mitocondriale o mtDNA
–ossia
il DNA collocato all’interno dei mitocondri con 16.569 paia di basi
e 37 geni che codificano 13 polipeptidi, 22 tRNA e 2rRNA, che è
coinvolto nella produzione di proteine necessarie alla respirazione
cellulare–
esplicando i suoi percorsi di riparazione. È interessante notare che
i mitocondri [2a]sembrano
contenere solo una parte dei molteplici meccanismi di riparazione
dell‘nDNA,
o DNA
nucleare,
anche se il loro tipo di danno [2b]caratterizza
anche il DNA mitocondriale, la cui ridotta capacità di riparazione
può quindi, in parte, spiegare l’alta frequenza di mutazioni
del cromosoma mitocondriale
[1b]Negli
ultimi 15 anni è stato effettivamente evinto che nei mitocondri
mancano gli enzimi necessari per la riparazione dell’escissione
nucleotidica, la via principale per l‘eliminazione degli addotti al
DNA –in
genetica molecolare, un addotto al DNA è un frammento
del DNA covalentemente legato ad una sostanza chimica,
che potrebbe rappresentare l‘inizio
della formazione di cellule cancerose–
risultanti dall’esposizione ai raggi UV,
dall‘esposizione/ingestione a/di idrocarburi policiclici aromatici
cancerogeni ed agenti chemioterapici
[2c]A
differenza del DNA
nucleare, caratterizzato
da meccanismi multipli per la propria riparazione, i mitocondri
appaiono dunque limitati nella loro capacità di correggere
tutte le possibili forme di danno sia proprie che al DNA
mitocondriale
[3]Poiché
la replicazione dell’mtDNA
dipende dalla trascrizione genica, un suo eventuale danno può
alterare l’espressione
genica mitocondriale nei seguenti modi:
•
causa
[3a]errori
di incorporazione del neuclotide del DNA-polimerasi di tipo γ che
portano a mutazioni
Le
mutazioni possono essere spontanee, ereditarie da parte di madre,
oppure il risultato appunto di difetti del DNA nucleare presenti in
quei geni che mantengono il DNA mitocondriale
•
[3b]interferisce
con il priming della replicazione dell‘mtDNA per quel che concerne
RNA-polimerasi;
La
replicazione del DNA mitocondriale e la correlata trascrizione sono
strettamente correlate, in quanto il sistema per la
trascrizione mitocondriale fornisce le trascrizioni per i primer RNA
per la replicazione di DNA mitocondriale ed espressione genica
• induce [3c]mutagenesi trascrizionale oppure terminazione prematura della trascrizione
DNA mitocondriale mutato e DNA mitocondriale normale e come possono essere trasmessi alla discendenza tramite l’oocita con amplificazione del mtDNA.
L‘espressione genica mitocondriale è fondamentale per mantenere l’omeostasi cellulare: il suo controllo è unico in quanto i suoi componenti hanno doppia origine nei mitocondri (tutti gli RNA) e nel nucleo (tutti i fattori proteici). La regolazione della sintesi e della degradazione degli mtRNA, ossia RNA mitocondriali, determina i livelli stazionari delle proteine codificate a livello mitocondriale, permettendo così un accurato controllo del metabolismo energetico mitocondriale, creando quindi quelle basi affinché le cellule possano adattarsi alle variazioni degli stress ambientali e soddisfare le nuove richieste di energia cellulare. I difetti nell’espressione genica mitocondriale possono portare a disfunzioni della catena respiratoria con conseguente fenotipo di malattia multisistemica, che colpisce prevalentemente i tessuti muscolari e neuronali
[4]La replicazione e la funzione mitocondriale richiedono proteine codificate nel DNA nucleare; pertanto, la loro funzione nel complesso è sotto doppio controllo genetico
Ruolo e funzioni dei mitocondri
I [4]mitocondri ospitano il piccolo genoma circolare nelle cellule umane che è essenziale per la vita
Le
molteplici funzioni svolte dai mitocondri,
in particolare il loro [4a]coinvolgimento
nella regolazione della risposta immunitaria innata, ne fanno un
bersaglio privilegiato per i patogeni batterici in quanto
rappresentano una [4b]componente
chiave del metabolismo centrale attraverso la produzione e
la sintesi di adenosina trifosfato (in inglese Adenosine
Triphosphate o ATP) e di varie biomolecole
[4c]Tutte
le vie metaboliche della degradazione
ossidativa di
carboidrati, acidi grassi ed amminoacidi convergono in una tappa
finale, in cui l’energia prodotta dalle ossidazioni viene
utilizzata per la sintesi di adenosina
trifosfato o ATP,
che
si verifica in seguito al trasferimento degli elettroni, sottratti
durante le ossidazioni, all’ossigeno
Oltre
ad avere un ruolo cardine nella [4a]risposta
immunitaria innata, i mitocondri
partecipano anche alla [4d]segnalazione
cellulare attraverso la produzione di specie reattive
dell’ossigeno (in inglese reactive oxygen species o ROS)
che danneggiano i lipidi di membrana e le proteine, oltre al DNA
mitocondriale o mtDNA
ed infine il [4e]controllo
dell’omeostasi del calcio e il controllo della sopravvivenza
cellulare / morte cellulare programmata
Caratteristica
dei mitocondri
è che [5]l’ambiente
della matrice mitocondriale è piuttosto inospitale per le
macromolecole che vi risiedono. Sia la [5a]capacità
metabolica che la composizione della membrana dei mitocondri rendono
la matrice di questi organelli un probabile sito per la generazione
di una serie di aldeidi reattive. Le aldeidi, prodotte
fisiologicamente nei nostri tessuti, vengono secrete in aumentato
numero, ad esempio durante il metabolismo degli alcolici, e possono
entrare nell’organismo umano anche dall’ambiente, dove sono
presenti con altri agenti reattivi
Durante
la normale risposta immunitaria, [5b]i
mitocondri divengono promotori dell’infiammazione,
che svolge un ruolo cardine: [5c]l’infiammazione
è il tentativo dell’organismo di proteggersi da situazioni nelle
quali, senza essa ed i suoi effetti secondari che svolgono un ruolo
di limite, avverrebbero conseguenze più dannose
Il
suddetto concetto viene megnificamente esplicitato dal Prof.
Dr. George Vithoulkas insieme allo studioso ricercatore Stefano
Carlino nella loro pubblicazione scientifica dal titolo [5c]«The
“continuum” of a unified theory of disease»,
che porta in evidenza come l’organismo umano invii tutta una serie
di segnali (i c.d. sintomi)
in modo tale che essi possano essere accompagnati dolcemente,
piuttosto che soppressi, rispettando quindi l’organismo nella sua
interezza e totalità. Qualora si “sopprima” un sintomo,
evitando d’ascoltare il messaggio che esso porta, ecco che nel
tempo la serie di segnali aumenta in termini d’intensità e
profondità sino a coinvolgere in crescendo gli organi vitali più
importanti: in caso anche dopo tale fase questi segnali continuino ad
esser ignorati sopprimendone i sintomi, diverranno ulteriormente
intensi e prenderanno il sopravvento su tutto l’organismo
[5d]Lo
stress
ossidativo
–noto
come causa di induzione di allergie, patologie autoimmuni o
neurodegenerative con alterazione della crescita cellulare ed
infezioni croniche–
prodotto da un’infiammazione irrisolta e persistente (low
grade inflammation)
può esser un fattore importante coinvolto nel cambiamento della
dinamica delle risposte immunitarie, apportando alterazioni che
creano un caos immunologico con conseguente perdita di integrità
architettonica delle cellule e dei tessuti, portando a condizioni
croniche e/o neoplasia, cancro metastatico ed angiogenesi
Ad
ulteriore conferma del suddetto concetto vi è quanto scoperto nello
[5e]studio
scientifico «Stimulated
Human Mast Cells Secrete Mitochondrial Components That Have Autocrine
and Paracrine Inflammatory Actions»:
la somministrazione intraperitoneale di mtDNA isolato da cellule LAD2
nei ratti è stato rilevato nel loro siero entro 4 ore, indicando che
mtDNA extravascolare potrebbe entrare nella circolazione sistemica.
La secrezione dei componenti mitocondriali da parte dei mastociti
vivi stimolati può agire come “autopatogeno” contribuendo alla
patogenesi delle malattie infiammatorie
Le
molteplici sostanze chimiche presenti nell’ambiente, i metaboliti
dei componenti dietetici, i farmaci nelle terapie cliniche e/o in
generale le procedure mediche, oltre all’esposizione ai raggi UV
–si
noti che [Ib,
II]l’irradiazione
con la luce solare è
un fattore differente ed ha un ruolo importantissimo per la reazione
enzimatica e la [I]fosforilazione
ossidativa,
tematica qui di seguito approfondita–
sono fonti esterne di danni al DNA mitocondriale
[IIIa]I succitati elementi amplificano nell’organismo la produzione di lesioni endogene del DNA e generano addotti unici al DNA, oltre a – fra i molteplici possibili effetti consequenziali – inibire la trascrizione mitocondriale. Pertanto, nella valutazione dell’esposizione ambientale o della tossicità di una profilasi farmacologica, si dovrebbe considerare come possibile conseguenza la disfunzione dell’espressione genica mitocondriale o la mutagenesi dell’mtDNA
Danni al DNA nucleare versus DNA mitocondriale
[6]Mentre
il DNA nucleare è racchiuso in nucleosomi,
le molecole di mtDNA sono strettamente associate alla matrice
mitocondriale e formano strutture compatte quali i nucleoidi
A
differenza dei geni nucleari, ognuno dei quali ha spesso più
promotori dedicati,
[6a]tutti
i geni mitocondriali sono espressi insieme da tre soli promotori, che
sono riconosciuti dal meccanismo di trascrizione basale
mitocondriale: la polimerasi dell’RNA mitocondriale, e i fattori di
trascrizione mitocondriale Tfam e Tfb2m
I
nucleotidi
sono composti da complessi proteici che includono proteine coinvolte
nella replicazione e nella trascrizione, come i seguenti tre
promotori dei geni mitocondriali:
•
fattore
di trascrizione mitocondriale A, che svolge un ruolo
significativo nella replicazione dell’mtDNA,
nella trascrizione e nella struttura/organizzazione del nucleoide
mitocondriale;
•
polimerasi
gamma, che è coinvolto nel mantenimento della stabilità
genomica mitocondriale;
•
proteina
legante a singolo filamento mitocondriale (in inglese
single-strand binding protein o RPA), che
insieme al fattore di trascrizione
mitocondriale A ha il compito di sintetizzare una replica
esatta del genoma mitocondriale durante il processo di replicazione
Per
combattere i danni al DNA
nucleare,
i mitocondri possiedono percorsi di riparazione che comprendono
proteine
di riparazione codificate da geni nucleari che vengono trasportate ai
mitocondri.
È ancora piuttosto poco chiaro se questi enzimi di riparazione
preesistano nei mitocondri al momento del danno o vi si trasferiscano
in risposta ai segnali di danno
Le
vie di riparazione del DNA
nucleare
sono le seguenti:
•
[2a]inversione
diretta (in inglese direct
reversal
o DR)
tramite il controllo dell’attività
del gene glycosylasea uracile DNA (UNG) negli estratti mitocondriali;
•
riparazione
del disequilibrio (in inglese mismatch
repair
o MMR)
tramite la correzione dei disallineamenti nel DNA della polimerasi
-sintetizzato;
•
riparazione
della rottura del doppio filamento (in inglese double-strand
break repair
o DSBR)
tramite la replicazione dei filamenti di DNA principali e dei
filamenti di DNA in fase di sviluppo;
•
riparazione
dell’escissione di base (in inglese base
excision repair
o BER),
che inizia con riconoscimento
ed eliminazione di una base danneggiata oppure inadeguata da parte
della glicosilasi del DNA che scinde il legame N-glicosilico fra la
base ed il glucosio;
•
sintesi
della translesione (in inglese translesion
synthesis
o TLS),
comporta
il passaggio temporaneo dalle polimerasi δ e ε replicative alle
polimerasi a rischio di errore, come la pol η, con siti attivi
abbastanza grandi che possono ospitare lesioni del DNA, permettendo
così il loro bypass
Un
ampio [6b]spettro
di danni sia al DNA
nucleare
che al DNA
mitocondriale
viene arrecato dagli ossidanti liberi sia radicali che non radicali
generati all’interno delle cellule
In
tale range sono comprese [6c]piccole
modifiche alle basi, come 8-oxo-2′-deossiguanosina (8-oxo-dG) o
8-oxo-7,8-diidro-2′-deossiguanosina (8-oxodG) –sia
nel DNA
nucleare
che mitocondriale
è una delle forme predominanti di lesioni
ossidative
indotte dai radicali liberi ed è stata quindi ampiamente utilizzata
come biomarcatore per lo stress ossidativo e la carcinogenesi–
ed [6d]insulti
alla spina
dorsale zucchero-fosfato –importante
componente strutturale del DNA
nucleare
che si compone di 5 zuccheri carboni disossiribososio e gruppi
fosfato, estremamente importanti nella funzione del DNA
nucleare
stesso–
come siti
abasici,
anelli
ossidati di desossiribosio
e rotture
del filamento del DNA,
solo per citarne alcuni
[1b,
2c]Fino
ad oggi, solo una serie limitata di questi danni caratteristici sia
del DNA
nucleare
che del DNA
mitocondriale
sono stati specificamente rilevati in
quest‘ultimo,
ma si sospetta che la maggior parte di essi si verifichi nei
mitocondri,
a causa delle condizioni ossidative della matrice
mitocondriale
I
casi di danno dei [7]siti
abasici, dovuti principalmente alla perdita di purina dal DNA, si
verificano ad un livello stazionario di >50.000 siti per cellula
nei tessuti dei mammiferi. Il [7a]cervello,
ricco di mitocondri, ha il maggior numero di siti abasici
Il
2′-deossiriboso del sito abasico può essere [7b]ossidato
per formare zuccheri modificati e rotture di singoli filamenti. I
siti abasici e le rotture del filamento a filo singolo (in inglese
single
strand breaks
o SSBs)
sembrano essere le forme predominanti di danno all‘mtDNA
prodotto da H2O2
–perossido
di idrogeno,
noto anche come acqua
ossigenata,
è il più semplice dei perossidi–
e dallo stress ossidativo indotto dai rotenoni nelle cellule in
coltura
Oltre a danneggiare direttamente il cromosoma mitocondriale, [8]gli ossidanti biologici possono reagire con i nucleotidi liberi producendo substrati aberranti per la sintesi del DNA mitocondriale e dell’RNA: mentre i mitocondri possiedono un enzima in grado ad esempio di eliminare 8-oxo-2′-deossiguanosina (8-oxo-dG) dal gruppo di substrati, possono verificarsi e persistere anche altri danni ai nucleotidi
Fosforilazione e fotocatalisi
[I]La fosforilazione ossidativa –nelle cellule eucariotiche ha luogo nei mitocondri –corrisponde alla sintesi di ATP ed induce la generazione di [Ia]una serie di molecole reattive all’interno dei mitocondri, a causa della fuga di elettroni dalla catena di trasporto; [Ib]in tale contesto la fotocatalisi –sistema catalitico attualmente poco noto che applica l’irraggiamento solare e reazioni foto-chimiche– implica raggiungere/attivare nei mitocondri i processi di eccitazione degli atomi delle molecole di acqua presenti nei mitocondri stessi, decomponendone alcune molecole in ossigeno e idrogeno, rilasciando quindi elettroni
I processi metabolici nei mitocondri generano [3a]lesioni del DNA che è impossibile riparare ed interferiscono con la replicazione e la trascrizione dell’mtDNA per tutti quei tessuti altamente dipendenti dall’ossigeno e quindi dalla fosforilazione ossidativa, anche indirettamente correlati in quanto semplicemente beneficiano degli effetti conseguenti alla fosforilazione stessa, come [II]quelli di:
• cervello,
in specifico sistema nervoso centrale e periferico;
• muscolo cardiaco, scheletrico e muscolatura liscia in generis;
• pancreas, in specifico cellule β pancreatiche produttrici di insulina;
• reni
Al
contempo si evidenzia che [Ib,
III]negli
ultimi anni sono stati trovati numerosi enzimi che mostrano uno
spettro di reazione completamente diverso o esteso in conseguenza
alla fotocatalisi
, ossia all’irradiazione
con la luce solare,
in specifico a tipo, quantità e latitudine di irradiazione solare
giornaliera
Ad
oggi [IV]l’attivazione
fotochimica degli enzimi non è ancora diventata un approccio
standard: uno dei fattori limitanti è stata la cinetica
relativamente scarsa di trasferimento degli elettroni fotoeccitati
all’enzima, un altro è rappresentato dalla generazione di forti
ossidanti e radicali liberi reattivi
[8a]Una
degradazione dell’mtDNA
si verifica per compensare lo squilibrio del gruppo nucleotidico, al
fine di ripristinare i rapporti di nucleotidi necessari per una
corretta sintesi del DNA
mitocondriale stesso
I
genomi ed i loro nucleotidi precursori sono altamente esposti a
specie reattive dell’ossigeno (in inglese reactive oxygen
species o ROS), generati sia come sottoprodotti
della respirazione dell‘ossigeno o esecutori molecolari nella
difesa dell‘ospite, sia per esposizione ambientale a radiazioni
ionizzanti e sostanze chimiche
Il
[9]superossido,
non potendo diffondersi attraverso la membrana mitocondriale interna
(in inglese Inner Mitochondrial Membrane o IMM)
si limita alla matrice mitocondriale, dove può interagire con
le proteine Fe-S per liberar ferro / esser convertito in perossido di
idrogeno dalla dismutasi manganese-superossido, Mn-SOD
[9a]
Il perossido
di idrogeno, a differenza del superossido, può diffondersi
attraverso la membrana mitocondriale interna, eppure rimanendo nella
matrice può essere sottoposto alla chimica di Fenton con Fe(II) per
produrre radicali idrossili, altamente reattivi nei confronti del DNA
e degli acidi grassi polinsaturi (in inglese Polyunsaturated Fatty
Acids o PUFAs)
[9b]L’auto-ossidazione
dei legami insaturi negli acidi grassi polinsaturi porta alla
formazione di prodotti aldeidi distintivi che vengono regolarmente
neutralizzati dalla coniugazione del glutatione
o dall’attività dell’aldeide
deidrogenasi nei mitocondri
[10]Le
membrane esterna mitocondriale e quella plasmatica cellulare, i DNA
nucleare e mitocondriale possono essere esposti ad una diversa
miscela di aldeidi α,β-insaturi, ossidanti non radicali –i
più diffusi sono 4-HNE,
malondialdeide
(MDA),
acroleina
e crotonaldeide–
in grado d’indurre alterazioni delle proteine e del DNA
mitocondriale
nella matrice e di diffondersi verso l’esterno attraverso la
membrana
mitocondriale interna
Negli
ultimi anni sono stati studiati i [11]polimorfismi
mitocondriali del DNA e le mutazioni somatiche, al fine di
comprendere l’ereditarietà delle patologie umane, la longevità e
la migrazione delle popolazioni: alcune sequenze del cromosoma del
DNA mitocondriale sembrano essere instabili nel corso naturale
dell’invecchiamento, così come molte variazioni di singoli
nucleotidi nel mtDNA sono benigne, ma alcune favoriscono l’insorgenza
di patologie
La
[11a]neurodegenerazione
osservata durante sia l’invecchiamento che alcune patologie può
insorgere a causa di insulti multipli che impattano
sull’mtDNA, alcuni dei quali possono inibire la sintesi di pol γ
per indurre mutagenesi e delezioni di mtDNA
Le cellule [11b]possono contenere migliaia di copie del cromosoma mitocondriale, e prima che in una cellula sorgano fenotipi biochimici dev’essere compromesso un determinato livello di soglia dell‘mtDNA: parrebbe quindi esserci un [11c]controllo orchestrato delle condizioni della matrice mitocondriale, della dinamica mitocondriale e dei meccanismi di mantenimento dell‘mtDNA che permettono un cambiamento genetico naturale, prevenendo al contempo mutazioni e degradazione patogenetiche dell‘mtDNA
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Stimolazione di autoanticorpi post vaccinali indotta da vaccinazione in soggetti apparentemente sani.
Negli studi evidenziati negli screenshots, un riferimento scientifico sulla possibilità – accertata clinicamente – che tale induzione alla produzione autoanticorpale avvenga, oltre che in soggetti sani (primo screen), anche in soggetti portatori di patologie autoimmuni (secondo screen). Questi screen sono tratti da “Vaccines & Autoimmunity” del Dr Yehuda Shoenfeld et al. Wiley Editions, 2015. Nel primo screen si legge:
“….L’induzione di autoanticorpi è stata studiata in bambini sani successivamente a vaccinazione con vaccini antiepatite A e antiepatite B. L’induzione di autoanticorpi 6 anni dopo l’inoculazione del vaccino antiepatite B è stata studiata in 210 bambini immunizzati alla nascita con il vaccino antiepatite B ricombinante (Belloni et al., 2010)…”
Nel secondo screen una tabella in cui sono riportati i dati relativi agli autoanticorpi sviluppati in soggetti portatori di patologie autoimmuni a seguito di vaccinazioni antiinfluenzale, antipneumococcica e antipapilloma virus. Ragioni a pieno sostegno del rifiuto totale di qualsiasi vaccinazione.
Ulteriori conferme sui danni indotti dai vaccini mediante produzione di autoanticorpi:
“…Come negli esseri umani, l’induzione di autoanticorpi è possibile in seguito alla vaccinazione negli animali. Gli autoanticorpi sono più frequentemente presenti nei cani più vecchi che in quelli più giovani (Papini et al., 2005). Di conseguenza, quando i cani anziani vengono vaccinati e testati per gli autoanticorpi dopo la vaccinazione, è difficile definire quale sia una conseguenza diretta del vaccino e cosa si è accumulato durante la vita. Nel primo studio sperimentale controllato per studiare la produzione di autoanticorpi dopo la vaccinazione di routine, i ricercatori hanno arruolato giovani cani che non erano stati precedentemente vaccinati (Hogenesch et al., 1999).”
“…Hanno dimostrato che la vaccinazione obbligatoria contro la rabbia, il virus del cimurro canino e il parvovirus canino 9 ha provocato la produzione di svariati autoanticorpi…”
Autoanticorpi indotti dalle vaccinazioni nei cani
Già nel 2009 Toplak e Avcin avevano ipotizzato la produzione autoanticorpale indotta dai vaccini e la loro responsabilità nell’induzione di patologie autoimmuni.
Leggete che cosa concludevano:
“…La vaccinazione contro i microrganismi patogeni è uno dei principali risultati della medicina moderna, ma a causa di un numero crescente di segnalazioni di reazioni avverse la procedura di vaccinazione ha indotto anche un considerevole dibattito. È noto che alcune infezioni sono coinvolte nell’attivazione della produzione di autoanticorpi, che potrebbero portare a reazioni avverse autoimmuni in soggetti geneticamente predisposti.
Sulla base di questi risultati è stato ipotizzato che le vaccinazioni potrebbero indurre reazioni autoimmuni simili.
Allo stato attuale (ndr: era il 2009) non vi è alcuna prova evidente che le vaccinazioni siano associate a malattie autoimmuni conclamate, ma
è stato dimostrato che nelle persone geneticamente predisposte la vaccinazione potrebbe innescare la produzione di autoanticorpi e reazioni avverse autoimmuni.
I primi studi che osservavano la produzione di autoanticorpi dopo la vaccinazione sono stati condotti su cani e topi.
Diversi studi hanno successivamente dimostrato la produzione di autoanticorpi dopo la vaccinazione in pazienti con malattie autoimmuni,
ma ci sono solo dati limitati sulle risposte autoimmuni dopo le vaccinazioni in esseri umani apparentemente sani (ndr: il Dr Yehuda Shoenfeld confermerà nel 2015). Questa recensione riassume le prove attuali (ndr: anno 2009) sugli autoanticorpi indotti da vaccinazione in soggetti apparentemente sani, compresi gli studi su animali ed esseri umani.
Vuol dire reazioni e patologie autoimmuni presto e/o più avanti negli anni.. (Autoantibodies Induced by Vaccine – Nataša Toplak and Tadej Avcin – Department of Allergology, Rheumatology and Clinical Immunology, University Children’s Hospital, University Medical Centre Ljubljana, Ljubljana, Slovenia) – pp 93-102 of “Vaccines and Autoimmunity” by Yehuda Shoenfeld et al. Wiley Ed. 2015.
La similarità delle sequenze proteiche esistenti (e dimostrate)fra il proteoma umano e quello virale e batterico è notoriamente responsabile di numerose patologie/reazioni autoimmuni.
Due studi di Darja Kanduc citati nei seguenti miei articoli [Peptidi Batterici nel Proteoma Umano] e [Vaccini, Reazioni Autoimmuni e Barcode..] sulla co-evoluzione del proteoma umano e di quelli virali e batterici dovrebbero far riflettere attentamente tutti i medici, clinici e operatori sanitari che operano in “scienza e coscienza”.
“…I potenziali eventi avversi associati con le vaccinazioni per le malattie infettive sottolineano la necessità di analisi efficaci e la definizione dei possibili effetti collaterali derivanti dal vaccino. Utilizzando il proteoma HPV16 come modello, abbiamo quantificato i rischi effettivi e teorici della vaccinazione anti-HPV16, e definito lo spettro di malattia potenziale derivante da concomitanti reazioni crociate con le proteine dell’organismo umano…”
Citazione in (Journal of Experimental Therapeutics and Oncology – Vol. 8 – 2009, Vol. 8, pp. 65–76) – “Quantifying the possible cross-reactivity risk of an hPV16 vaccine”
“…Qualsiasi vaccino a base antigenica deve essere accuratamente progettato e criticamente selezionato al fine di evitare i potenziali effetti collaterali derivanti dalle similarità di sequenza a livello molecolare…”
“…Any antigen-based vaccine needs to be carefully and thoroughly designed and critically screened for potential side effects by comparing sequence similarity at the molecular level…”
“…Non esiste una chiara, definita, tabulazione matematica della possibile cross-reattività derivante dai rischi associati a un protocollo di vaccinazione…”
In altri termini, chi “progetta”(se si può usare questo termine)vaccini ignora totalmente l’esistenza della cross-reattività legata alla similarità delle sequenze proteiche che possono esserci fra le proteine del corpo umano e quelle antigeniche vaccinali. Il rischio esiste da sempre ma solo pochissimi hanno tenuto vivo questo filone di ricerca.
La cross-reattività fra gli epitopi e gli epitopi simili è causa di autoimmunità.
“Il potenziale carico patologico è pesante”... Con specifico riferimento all’antigene papilloma virus HPV16, “…le alterazioni delle proteine umane che ospitano le varianti HPV16 producono una serie di patologie che vanno dalle malattie muscolari ai disturbi neurologici. Di conseguenza, è logico postulare che il targeting di questi antigeni umani possa indurre molte delle sindromi riportate nella tabella allegata allo studio, scaricabile da qui: “Quantifying the possible cross-reactivity risk of an hPV16 vaccine” e di cui alleghiamo di seguito un estratto.
Citazione in: “Quantifying the possible cross-reactivity risk of an hPV16 vaccine” – (Journal of Experimental Therapeutics and Oncology – Vol. 8 – 2009, Vol. 8, pp. 65–76)
Dagli anni ’80 è stata introdotta una nuova generazione di vaccini singoli e obbligatori, comprendenti l’epatiteB, l’Hib, lo pneumococco, la varicella, il rotavirus e l’influenza, oltre a delle nuove strategie di marketing che meritano uno sguardo più attento.
Il vaccino per l’epatite B è un vaccino ricombinante, ciò significa che il suo DNA è stato geneticamente modificato rispetto a quello del virus da cui è derivato: insomma, un modo di dire dei produttori per sottolineare che non è più“vivo” e quindi non in grado di infettare alcuno. Finora, nessuno li ha contraddetti perché tecnicamente i virus sono “vivi” solo quando infettano le cellule di un ospite vivente.
Vaccino Epatite B Ricombinante.
Tuttavia, la “versione”OGM di questi virus potrebbe ancora possedere le caratteristiche di un virus, in quanto nessuno può dire con certezza quali malattie potrebbero essere originate da essa e, a maggior ragione, se queste possano assomigliare all’epatite B o meno.
Sostenere quindi che gli antigeni reingegnerizzati non siano “vivi” o “infettivi” è soltanto un’illusione. Il virus reingegnerizzato, inoltre, perde la sua piena antigenicità, il che obbliga all’aggiunta di sali di alluminio, formaldeide e proteine dei lieviti. (“Ingredients: Recombivax (Recombinant Hep B Vaccine, Merck)” 2011, vaccines.procon.org”)
I vaccini HPB – ancora oggi – rappresentano la premessa per gli studi di sicurezza per vaccini analoghi. Questi studi rinnegano la maggior parte delle reazioni/malattie autoimmuni(di fatto escludendole)per il semplice fatto che il momento in cui si manifestano spesso richiede settimane, mesi, anni.La“finestra temporale”entro cui esse si dovrebbero manifestare è pertanto ristretta(ore o qualche giorno)ed arbitrariamente determinata. Ciò ha portato le agenzie regolatrici a definire“sicuro”un vaccino che tale non è, nonostante esista un consistente corpus di articoli e di“case report”che lo associano a SIDS, autismo, sindrome di Guillain Barre, un’estesa gamma di danni cerebrali e neurologici – strettamente legati ai vaccini contenenti adiuvanti alluminio – oltreché ad un numero, vertiginosamente in crescita, di numerose patologie autoimmuni.
Una parte importante della morbilità dianzi citata è legata alla “politica” della somministrazione precoce. Nel 1991 il vaccino per l’epatite B venne reso obbligatorio, complice(e pretesto giustificatorio)il fatto che l’epatite B, C, l’AIDS ed altre malattie infettive si stavano diffondendo rapidamente attraverso le trasfusioni di sangue infetto.
La strategia adottata di vaccinare alla nascita per l’HPB“avrebbe dovuto”prevenire l’epatite B in tutti quei soggetti che, una volta diventati tossicodipendenti, avrebbero così avuto meno probabilità di contrarre il virus e avrebbero potuto così contribuire con le donazioni di sangue presumibilmente non infetto.
In non pochi congressi dedicati ai medici pediatri svoltisi in diverse parti del mondo emersero dubbi sulla necessità di somministrare precocissimamente un vaccino (quello per l’epatite B) i cui effetti avrebbero dovuto prevenire una malattia solo 25 – 30 anni dopo. Altri manifestarono(giustamente)il dubbio sull’eccessivo carico vaccinale nel primo anno di vita dei bambini (Pevsner, G., Letter, American Family Physician, January 1994, p. 47.). Non di meno, altri si chiedevano come mai esistessero delle contraddizioni sull’effettiva durata della“copertura”vaccinale(le documentazioni informative per i genitori su questo vaccino riportavano la copertura come a “vita”)e fossero necessarie – secondo altri articoli pubblicati – iniezioni successive di richiamo per mantenere alti i livelli di anticorpi. (Family Practice News, August 1, 1992, p. 23.)
Dopo circa cinque anni (inizio della seconda metà degli anni novanta) dall’avvento di questo vaccino – reso ormai obbligatorio – iniziarono a manifestarsi dei quadri clinici molto diversificati di patologie autoimmuni come mai si erano verificati in precedenza e la loro concomitanza con l’inizio dell’impiego nei vaccini di sali di alluminio, proteine antigeniche OGM non è da considerarsi una mera coincidenza.
Mi chiamo Dr. Theresa Deisher. Sono Fondatore e Lead Scientist del Sound Choice Pharmaceutical Institute, la cui missione è educare il pubblico sulla sicurezza dei vaccini, nonché a spingere i produttori a fornire vaccini migliori e più sicuri per il pubblico. Ho conseguito il dottorato presso la Stanford University in Molecular and Cellular Physiology nel 1990 e ho completato il mio lavoro post-dottorato presso l’Università di Washington. La mia carriera è stata spesa nel settore delle biotecnologie commerciali, e ho svolto attività di ricerca biologica e farmacologica di base attraverso lo sviluppo clinico.
Sto scrivendo su fatti scientifici non contestati sui contaminanti del DNA fetale nel vaccino contro morbillo-parotite-rosolia, che devono essere resi noti ai legislatori e al pubblico.
Il vaccino Merck MMR II (così come la varicella, Pentacel e tutti i vaccini contenenti Hep-A) è prodotto utilizzando linee cellulari fetali umane ed è fortemente contaminato dal DNA fetale umano proveniente dal processo di produzione. I livelli nei nostri bambini possono raggiungere fino a 5 ng / ml dopo la vaccinazione, a seconda dell’età, del peso e del volume del sangue del bambino. Questo livello è noto per attivare il recettore 9 simile a Toll (TLR9), che può causare attacchi autoimmuni.
Per illustrare la capacità autoimmune di quantità molto piccole di DNA fetale, considera questo: il travaglio viene attivato dal DNA fetale del bambino che si accumula nel flusso sanguigno della madre, innescando un massiccio rifiuto immunitario del bambino.
Funziona così: frammenti fetali di DNA di un bambino con circa 300 paia di basi in lunghezza si trovano nel siero di una madre incinta. Quando raggiungono tra 0,46 e 5,08 ng / mL nel siero, attivano il travaglio tramite i meccanismi TLR9. I livelli ematici corrispondenti sono 0,22 ng / ml e 3,12 ng / ml. I livelli di DNA fetale in un bambino dopo essere stati iniettati con vaccini prodotti dal feto raggiungono lo stesso livello che scatena il rigetto autoimmune del bambino da parte della madre.
Chiunque affermi che il DNA fetale che contamina i nostri vaccini è innocuo o non sa nulla dell’immunità e dei recettori Toll o non sta dicendo la verità.
Se il DNA fetale può innescare un travaglio (una reazione autoimmune naturalmente desiderata), allora quegli stessi livelli nei vaccini possono innescare l’autoimmunità in un bambino.Il DNA fetale frammentato contenuto nei vaccini è di dimensioni simili, ~ 215 paia di basi.
Questa è una prova biologica diretta che i contaminanti del DNA fetale nei vaccini non sono in quantità innocue basse. Essi sono un trigger proinfiammatorio molto forte.
La somministrazione di frammenti di DNA umano non-self (primitivo) fetale a un bambino potrebbe generare una risposta immunitaria che avrebbe anche una reazione crociata con il DNA del bambino stesso, poiché il DNA contaminante potrebbe avere sezioni di sovrapposizione molto simili al DNA del bambino stesso.
I bambini con disturbo autistico hanno anticorpi contro il DNA umano nella loro circolazione che i bambini non autistici non hanno. Questi anticorpi possono essere coinvolti in attacchi autoimmuni in bambini autistici.
La Duke University ha dimostrato in uno studio condotto di recente in cui sono stati osservati dei miglioramenti significativi nel comportamento quando i bambini con disturbo dello spettro autistico sono stati trattati con il proprio sangue cordonale autologo. Questo trattamento mostra chiaramente che la maggior parte dei bambini con autismo non nascono con essa dal momento che le malattie genetiche come la sindrome di Down o la fibrosi muscolare non possono essere trattate con cellule staminali autologhe.
Pertanto, un innesco ambientale, o trigger, introdotto nel mondo intorno al 1980, quando l’autismo ha iniziato a salire, deve essere identificato ed eliminato o ridotto nell’ambiente.
Esiste una forte correlazione del punto di cambio tra l’aumento dei tassi di autismo e il passaggio della produzione di vaccini negli Stati Uniti da linee cellulari derivate da animali per il vaccino contro la rosolia a linee di cellule umane abortite alla fine degli anni ’70.
Il primo punto di cambiamento per l’anno di nascita del disturbo autistico (AD) è stato identificato per il 1981 per i dati in California e negli Stati Uniti, preceduto da un cambiamento nel processo di produzione:
Nel gennaio 1979, la FDA approvò l’interruzione della produzione del virus della rosolia da virus animale (virus ad alto passaggio, HPV-77, cresciuto ad esempio nelle cellule di embrioni di anatra) alla linea cellulare fetale umana WI-38 usando il ceppo virale RA27/3 . Sia il nuovo vaccino monovalente approvato per rosolia che un vaccino contro la parotite, il morbillo e la rosolia utilizzano la linea cellulare fetale WI-38 per la produzione della porzione di vaccino contro la rosolia.
Prima del 1980, il disturbo dello spettro autistico era una malattia molto rara, quasi sconosciuta. Secondo i dati del CDC, il tasso di autismo nel 2014 era di 1 su 59 bambini, un aumento molto rapido dal 2000, quando era 1 su 150. CDC: “I costi totali all’anno per i bambini con ASD negli Stati Uniti Gli stati erano stimati tra 11,5 miliardi di dollari – 60,9 miliardi di dollari (2011 dollari USA).”
Recentemente, duplicazioni e delezioni “de novo” sono state riconosciute fino al 10% dei semplici disturbi dello spettro autistico, corroborando l’ipotesi dei fattori scatenanti ambientali sulla genetica dei disturbi dello spettro autistico.
La porzione di rosolia del vaccino MMR contiene contaminanti di DNA fetale derivato dall’uomo di circa 175 ng, più di 10 volte oltre la soglia raccomandata dall’OMS di 10 ng per dosex di vaccino.
Nessun altro farmaco sul mercato riceverà l’approvazione della FDA senza un’accurata analisi della tossicità (la FDA segue le linee guida internazionali ICH) -> questo non è mai stato condotto dall’industria farmaceutica per la contaminazione del DNA nel vaccino MMR.
I vaccini prodotti con linee cellulari fetali umane contengono detriti cellulari e contaminanti.
DNA umano residuo, che non può essere completamente eliminato durante il processo di depurazione a valle del virus. Inoltre, il DNA non è solo caratterizzato dalla sua sequenza (ATCG), ma anche dalla sua modifica epigenetica (per esempio il pattern di metilazione del DNA, ecc.). Questa sequenza è altamente specifica per le specie, motivo per cui il DNA non umano verrà eliminato, mentre questo non è necessariamente il caso del DNA umano fetale.
Iniettare i nostri bambini con contaminanti di DNA fetale umano comporta il rischio di causare due patologie consolidate:
Mutagenesi inserzionale: il DNA umano fetale si incorpora nel DNA del bambino causando mutazioni. La terapia genica utilizzando la ricombinazione omologa di piccoli frammenti ha dimostrato che fino a 1,9 ng / ml di frammenti di DNA risultano nell’inserzione nel genoma di cellule staminali nel 100% dei topi iniettati. I livelli di frammenti di DNA fetale umano nei nostri bambini dopo la vaccinazione con vaccini MMR, Varivax (varicella) o epatite A raggiungono livelli superiori a 1,9 ng / ml.
Malattia autoimmune: il DNA umano fetale innesca il sistema immunitario di un bambino per attaccare il proprio corpo.
Un ulteriore problema: la contaminazione da retrovirus. Il retrovirus endogeno umano K (HERVK) è un contaminante del vaccino contro morbillo/parotite/rosolia.
HERVK può essere riattivato negli umani. Codifica per una proteina (integrasi) specializzata nell’integrazione del DNA nel genoma umano.
Diverse malattie autoimmuni sono state associate all’attività di HERVK.
È anche nella stessa famiglia di retrovirus come il virus MMLV utilizzato in uno studio di terapia genica, in cui l’inserimento genico inappropriato (mutagenesi inserzionale) ha portato a successive ulteriori mutazioni somatiche e cancro in 4 su 9 bambini.
È quindi possibile che il frammento del gene HERVK presente nel vaccino MMR sia attivo, codificante per l’integrasi o per la proteina dell’involucro, e quindi abbia il potenziale per indurre l’inserimento del gene, promuovendo la mutagenesi inserzionale e l’autoimmunità. La presenza sia del DNA fetale contaminante di alto livello che della contaminazione da HERVK nel vaccino MMR è un rischio non studiato con enormi implicazioni e pericoli per la salute pubblica e individuale. Soluzione: costringi i produttori a tornare ai vaccini contro la rosolia derivati da linee di cellule animali come è stato fatto con successo in Giappone:
Basato sui ceppi di Takahashi del virus della rosolia vivo attenuato, prodotto su cellule renali di coniglio. Una singola dose di questo vaccino è stata recentemente dimostrata in grado di conservare l’immunità per almeno 10 anni quando la rosolia era sotto controllo regionale.
Dividere il vaccino MMR in tre opzioni offerte individualmente come fatto in Giappone. Il processo di produzione del vaccino MMR deve essere modificato per affrontare ed eliminare quanto sopra rischi per il pubblico.
Grazie per la vostra considerazione. Sarò felice di rispondere a qualsiasi domanda possiate avere su quanto sopra. Cordiali saluti, Theresa A. Deisher, Ph.D.
Attraverso l’iniezione nel torrente circolatorio di antigeni e di altri componenti vaccinali, si aggira la risposta immunitaria cellulo-mediata cioè quella, per intenderci, che si attiva quando un qualsiasi patogeno entra nel corpo umano attraverso le vie “canoniche” (mucose) in cui esiste un sistema immunitario “locale” perfettamente integrato con quello “sistemico”. Ciò non permette al sistema immunitario di produrre una risposta specifica (formazione di anticorpi) e mirata al vero patogeno. È l’inizio dell’innesco dell’autoimmunità.
Che cosa stiamo facendo? Stiamo letteralmente iniettando degli antigeni uniti ad adiuvanti negli esseri umani per stimolare “una” risposta immunitaria (quale?) e “una” produzione di anticorpi (quali?) in nome di quale strategia preventiva?
Dall’avvento delle vaccinazioni di massa è cresciuto il numero della persone che presentano costantemente una risposta immunitaria abnorme.
Sarebbe sufficiente un monitoraggio post vaccinale su larghissima scala per verificarlo. Eppure non interessa a nessuno.
L’inizio dell’autoimmunità
C’è molta differenza tra ciò che accade normalmente in un contesto di risposta immunitaria cellulo-mediata e ciò che accade quando si tenta di provocarla artificialmente nel tentativo di eludere la risposta medesima.
Si aggiunga inoltre che:
quando gli anticorpi intervengono per riconoscere e distruggere i tessuti/organi stessi del corpo a cui appartengono (autoimmunità) fagocitandoli, li portano inevitabilmente nel circolo sanguigno insieme ai loro residui di DNA. Ciò induce il sistema immunitario a produrre ulteriori anticorpi che vengono indirizzati a colpire ulteriormente i tessuti e/o gli organi oggetto dell’attacco primario in un ciclo reiterato.
Quindi, assistiamo ad un circolo vizioso didistruzione dei tessuti mediata da anticorpi, la cui conseguenza è un aumento del DNA cellulare nel sangue, innescando un aumento della produzione anticorpale , quindi una maggiore distruzione tissutale, e così via.
A causa di questo ciclo, le malattie autoimmuni non sono di solito auto-compensative. La via farmacologica tenta di arginare i sintomi, spesso fallendo, ma non interviene all’origine. Ecco “uno” dei perché i vaccini non servono a niente se non per indurre anche numerose patologie autoimmuni.
Il terreno(o suolo), inteso secondo il suo significato più ampio, è fondamentale nel determinare lo “stato di salute” di un ecosistema complesso quale quello costituito dalle molteplici e intricate relazioni fra substrato organico-minerale, forme di vita di vario ordine e natura, fattori abiotici (acqua, atmosfera, suolo).
In termini più “terra-terra”, un ecosistema complesso dotato di resilienza, omeòstasi e di biodiversità, è in grado di rispondere meglio alle sollecitazioni ambientali di varia natura ed entità.
Immaginate un prato naturale in cui vengano distrutti gli strati più superficiali di suolo costituiti da numerose e diverse specie di erbe e da una miriade di organismi e di microorganismi molto attivi nel mantenere un flusso in costante trasformazione di energia e di materia: piano piano, si aprono nel terreno delle ferite profonde che porteranno all’erosione e alla distruzione del microbiota (e del relativo microbioma) di quel terreno.
Verranno progressivamente alterate le strutture fisiche, chimiche, biologiche che avevano portato quel terreno ad evolversi fino all’innesco di processi di disfacimento strutturale e funzionale dell’originario ecosistema. Tutto il tratto gastro-intestinale è il nostro personale “terreno” che ci accompagna da tempo immemorabile ed è esattamente paragonabile all’ecosistema-prato naturale.
Se osservassimo al microscopio qualche grammo di terreno organico, lo vedremmo costellato da numerosissime forme di vita molto attive, esseri cellulari e pluricellulari al cui interno è possibile osservare un citoplasma che ricorda la consistenza della gelatina.
Analogamente, le cellule che costituiscono i tessuti del tratto gastroenterico – come i microorganismi che lo popolano – sono caratterizzate da un citoplasma dalla consistenza “gelatinosa”.
Quando una cellula è sana possiede questa caratteristica. I villi e i microvilli intestinali lo stesso. Se queste forme di vita, così come le nostre principali strutture di intercettazione e di assorbimento (villi e microvilli) a livello intestinale (e non solo) non potessero svolgere queste funzioni, si interromperebbero tutti quei processi di scambio nutrizionale e di detossificazione fondamentali per il mantenimento dell’omeòstasi.
Il gel intracellulare è costituito da proteine “strutturate” nell’acqua e capaci di trattenere e deviare le molecole tossiche eventualmente assorbite dai villi e dai microvilli.
Le cellule affiancate con villi e microvilli intestinali sani intercettano le tossine e le grandi molecole impedendone l’accesso diretto al flusso sanguigno.
Quando la struttura e l’integrità del citoplasma sono compromesse, le cellule si raggrinziscono, perdono la connessione reciproca parete-parete e si formano dei vuoti fra una cellula e l’altra. Attraverso queste lacune, riescono a transitare quelle macromolecole proteiche che non dovrebbero mai entrare nel flusso sanguigno.
Una volta nel sangue, il sistema immunitario deve poter neutralizzare queste macromolecole mediante la produzione di anticorpi. Questi anticorpi, spessissimo, interagiscono con i tessuti del corpo che li ha prodotti(cross-reattività) e sarà l’inizio di una malattia autoimmune.
In altre parole, il denominatore comune della malattia autoimmune può essere individuato proprio nell’intestino “che perde” (leaking gut) o permeabile (sindrome dell’intestino permeabile). E la causa dell’intestino permeabile è la perdita della turgidità delle sue cellule a causa della formazione di un gel tossico al loro interno, incapace di svolgere la sua primordiale funzione.
In questo studio di Darja Kanduc (*) pubblicato il 7 Novembre 2018 viene confermata l’esistenza di una co-evoluzione e di una correlazione evolutiva fra il proteoma umano e i proteomi virali, rispetto ad un suo precedente studio sul confronto peptidico umano e virale (Vedi: Peptidi Batterici e Virali nel Proteoma Umano…) (Kanduc et al., 2008c) e rimarcato ulteriormente che l’attuale prassi di progettazione dei vaccini ignora completamente l’esistenza delle reazioni crociate fra i proteomi virali e batterici e il proteoma umano e il mancato riconoscimento del “barcode” proteico da parte del sistema immunitario verso gli antigeni vaccinali implica numerosi dubbi sulle immunizzazioni artificiali a causa della possibilità di sviluppare reazioni autoimmuni e patologie su base autoimmune.
Isomerasi Umana – (By →AzaToth – based on 1wyi (http://www.pdb.org/pdb/explore/explore.do?structureId=1WYI), made in pymol, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1007670)
I dati di somiglianza sequenziale e i saggi immunologici convergono nel descrivere “un sé umano“che si è evoluto dalle proteine virali e batteriche usando il cito-plasma arcaico come piattaforma metabolica. Oggi, al di là delle ovvie difficoltà di ricostruire un processo che affonda le sue radici in milioni di anni fa e che si sviluppò in condizioni chimico-fisiche lontane da quelle attuali, un tale contesto evolutivo indica che virus e cellule mammaliane probabilmente si sono evoluti da un comune pool di sequenze primordiali e in questo modo offre l’unica spiegazione logica per la massiccia condivisione di peptidi che collega le proteine virali e umane(Kanduc et al., 2008c).
Immunologicamente, un’interazione così vecchia di milioni di anni è protetta dall’immunotolleranza umana,così che il sistema immunitario agisce per difendersi dagli agenti infettivi mentre protegge l’integrità dell’ospite umano.
Infatti, sembra cheil sistema immunitario dei mammiferi riesca a evitare il rischio di crossreattività intrinseco alla condivisione di sequenze di peptidi con proteomi virali e microbici.
In realtà, un solido insieme di dati sperimentali(Kanduc et al., 2004, 2007, 2008a, b, Polimeno et al., 2008; Kanduc, 2009, 2010a, b, c, 2012b; Lucchese et al., 2009a, b, 2010, 2012a, b; Stufano et al., 2010; Novello et al., 2012)mostrano che, a seguito dell’infezione, le risposte immunitarie anti-patogeni sono generalmente dirette contro sequenze peptidiche epitopiche con scarsa o nessuna somiglianza con il proteoma dell’ospite .
Quindi, lo scenario evolutivo descritto non solo potrebbe migliorare la nostra comprensione dei fenomeni autoimmuni, ma getta anche un’ombra sulle attuali pratiche di immunizzazione e suggerisce che solo le immunizzazioni basate su piattaforme di peptidi che specificatamente indicano agenti infettivi con codice a barre colpiscono in modo specifico i patogeni senza il rischio di reazioni crociate autoimmuni nocive contro le proteine dell’ospite umano.
Docente di Biochimica II presso il Corso di Laurea Magistrale in Scienze Biosanitarie, Dipartimento di Bioscienze, Biotecnologie e Biofarmaceutica. Già docente del corso di Biochimica Comparata, presso il Corso di Laurea in Scienze Biologiche Vecchio Ordinamento. Componente del Dottorato di Ricerca in “Morfometria Analitica e Modelli di Medicina Molecolare” avente sede presso il Dipartimento di Anatomia Patologica della Facoltà di Medicina, Università di Bari. Già componente del Dottorato di Ricerca in “Cancerogenesi, Immunoregolazione ed Invecchiamento” avente sede presso il Dipartimento di Medicina Interna, Sezione di Geriatria, della Facoltà di Medicina, Università di Bari.