Sostengono che le linfe insegnino al corpo come combattere un agente patogeno, ma questo studio mostra che i reni lo fanno. http://aac.asm.org/content/51/5/1700.full
Anche i muscoli fanno parte del sistema immunitario. Si noti che il danno da vaccino comporta quasi sempre problemi muscolari. http://dmm.biologists.org/content/9/6/697
I nostri batteri intestinali modulano il nostro sistema immunitario e allenano le nostre cellule B.
La patogenesi del diabete di tipo 1 è complessa ed è il risultato di una combinazione di fattori genetici, ambientali, ormonali e immunologici. I fattori ambientali includono virus patogeni, dieta, tossine e stress così come i vaccini (Tishler and Shoenfeld, 2004). La possibile associazione tra T1D e i vaccini è ancora in discussione. Numerosi studi hanno cercato collegamenti tra diabete e vaccinazioni. Classen ha trovato che se la prima vaccinazione nei bambini viene eseguita dopo i 2 mesi di età, c’è un aumento del rischio di diabete (Classen, 1996). “Vaccinations and Type 1 Diabetes” – Alessandro Antonelli, Silvia Martina Ferrari, Andrea Di Domenicantonio, Ele Ferrannini, and Poupak Fallahi – Department of Clinical and Experimental Medicine, University of Pisa, Pisa, Italy Pubblicato al capitolo 25 del volume “Vaccines & Autoimmunity” by Yehuda Shoenfeld et al 2015 – Ed. Wiley.
Il Lupus eritematoso è un’altra patologia autoimmune sulla quale vi sono studi che evidenziano una sua correlazione con le vaccinazioni: (capitolo 22) “Systemic Lupus Erythematosus Induced by Vaccines” – Nurit Katz-Agranov and Gisele Zandman-Goddard del volume “Vaccines & Autoimmunity” by Yehuda Shoenfeld et al 2015 – Ed. Wiley. Numerosi reports e studi hanno provato a collegare le manifestazioni del lupus sistemico eritematoso con il vaccino antiepatite B (HBV) ma essi hanno mostrato solo una correlazione temporale (Older et al., 1999).
Con riferimento agli studi sugli effetti del vaccino quadrivalente Gardasil, un’attenta valutazione del rischio individualizzato dei pazienti portatori di una storia medica di malattie autoimmuni e infettive(talora in forma non evidente)e di reazioni avverse alle precedenti vaccinazioni è richiesta(Bijl et al., 2012), oltre alla valutazione successiva ad ogni richiamo vaccinale (Agmon-Levin et al., 2009a, b).
Fattori di rischio per le patologie autoimmuni
Quanto alle disfunzioni tiroidee(non poche delle quali hanno una natura autoimmune), la letteratura scientifica e l’esperienza clinica mostrano che i metalli svolgono un ruolo chiave nello sviluppo di malattie autoimmuni (Hybenova,M., Hrda, P., Procházková, J., et al. (2010). The role of environmental factors in autoimmune thyroiditis. Neuro Endocrinol Lett, 31(3): 283–9.).
Questi sono frammenti di una letteratura scientifica che pongono dei seri dubbi sull’innocuità dei vaccini, soprattutto alla luce del fatto che non esistono studi che ne convalidino la prevalenza dei benefici a fronte dei rischi.
Allo stato attuale, oltre ad essere sconosciuto il vero fisiologismo di azione dei vaccini, è ignota la risposta del sistema immunitario dinnanzi ad un’immunizzazione che non è permanente ma che necessita di richiami.
Con tutti i dubbi esistenti sull’efficacia ed efficienza e la sicurezza.
A fronte di tutto questo, la presenza di patologie familiari (tra l’altro su base autoimmune), soprattutto davanti all’assenza di cautele su base individuale e alla totale ignoranza circa l’esistenza di tali peculiarità da parte dei medici, deve sconsigliare fortemente l’adozione della pratica vaccinale.
Esiste ormai una notevole letteratura scientifica sui danni da vaccini (praticamente tutti quelli per uso pediatrico) e il personale sanitario è autorizzato legalmente a non prenderli assolutamente in considerazione. Sperare di ottenere un’esonero è pertanto una pia illusione. La scelta di non vaccinare appartiene alla sua consapevolezza genitoriale e nessuno può scardinarla.
La valutazione degli HLA permetterebbe di denotare a grandi linee la presenza di immunodepressione ma resterebbero sempre decine (se non diverse centinaia) di valutazioni (polimorfismi genetici) a cui si devono sommare quelli ancora da scoprire e le loro implicazioni con il funzionamento del sistema immunitario. Uno di questi è il test MTHFR (vedi articolo: MTHFR & Disturbi Neurologici Indotti dalle Vaccinazioni). Ma non è l’unico.
In linea di principio, tutto ciò che non è dimostratamente innocuo è potenzialmente dannoso. Il principio di precauzione è sacro.
Spessissimo, dopo una reazione avversa con manifestazioni cutanee, i genitori vengono sollecitati alla prosecuzione delle vaccinazioni. Senza voler generalizzare, nella dermatite erpetiforme (malattia di Duhring)circa l’80–90% dei pazienti è portatore dei genotipi HLA DR3 e HLA DQw(Bolognia and Rapini, 2012; Joly et al., 2005). Si tratta di una patologia autoimmune caratterizzata dalla produzione di autoanticorpi contro uno o più componenti strutturali della pelle. Questa dermatite bollosa si intende diagnosticata solo se vengono rilevati gli specifici autoanticorpi nella pelle o nel siero dei pazienti. È accertata una relazione fra questa patologia e l’impiego di vaccini. Il collegamento fra gli agenti infettivi e le patologie bollose era già stato riportato da Sagi et al. (2011), che trovò che il siero da BP e dei pazienti PV dimostrava una significativa, altissima, prevalenza di anticorpi verso il virus dell’epatite B (HBV), quello dell’epatite C virus (HCV), l’ helicobacter pylori, il toxoplasma gondii, e il cytomegalovirus (CMV) rispetto ai controlli sani.
Dermatite bollosa, agenti infettivi e vaccini
Nel testo “Vaccines and Autoimmunity” di Yehuda Shoenfeld et al., 2015 ed. Wiley, viene riportata una casistica rappresentativa di manifestazioni delle patologie bollose suddette sia fra gli adulti che fra bambini, successivamente alla somministrazione di diverse tipologie di vaccini, fra cui anche il vaccino antiepatite B. Rif. a pag 340 del volume suddetto: “…Many case reports propose a temporal association between the appearance of BP and immunization of adults (Table 35.1) and young children (Table 35.2)…” e poi: “…Importantly, this plausible association has been related to different vaccines, most notably anti-influenza vaccine, dTP, polio, and hepatitis…”
In questo report di casi clinici vengono evidenziate le correlazioni fra vaccinazioni antiepatite B e l’insorgenza di patologie/reazioni autoimmuni. Fonte: “Vaccines and Autoimmunity” Jehuda Shoenfeld et al., 2015 – Ed. Wiley.
Diversi studi hanno indicato un potenziale legame tra il vaccino HBV e lo sviluppo di patologia autoimmunitaria, da crossreattività con epitopi HBsAg, antigeni di lievito, o altri adiuvanti inclusi nel vaccino (Geier e Geier, 2002a, b, 2004, 2005; Geier et al., 2003; Ravel et al., 2004; Schattner, 2005; Cooper et al., 2010; Blank et al 2012.; Perricone e Shoenfeld, 2013). Il vaccino HBV è stato anche implicato nello sviluppo della sindrome ASIA, così come nella malattia indifferenziata del tessuto connettivo (Perricone e Shoenfeld, 2013). Cap. 16 Hepatitis B Vaccination and Autoimmunity – Daniel S. Smyk,1 Lazaros I. Sakkas,2 Yehuda Shoenfeld,3,4 and Dimitrios P. Bogdanov 1,2. – Pagina 151 di Vaccines & Autoimmunity 2015 di Yehuda Shoenfeld et al.
Il vaccino anti-HBV nello sviluppo di malattie autoimmuni, tra cui la sclerosi multipla ed altri disturbi neuromuscolari, patologie della pelle su base autoimmune, malattie vascolari e altre malattie autoimmuni. Gran parte dei dati qui riportati si basano su casi clinici, poiché esistono pochi studi di grandi dimensioni che esaminano il ruolo del vaccino contro l’HBV nell’autoimmunità. Nella Tabella 16.2, sono riassunti i potenziali meccanismi patogenetici con cui il vaccino HBV potrebbe innescare delle reazioni autoimmuni.
Ecco perché il “vaccinare a tappeto” – senza tener conto minimamente delle specificità individuali (genetico-immunitarie) biologiche in rapporto all’ambiente in cui gli individui sono immersi – è un non-sense scientifico.
Gli studi ultratrentennali di Yehuda Shoenfeld (autorevolissimo esponente e “padre” dell’autoimmunologia mondiale) pubblicati nel libro “Vaccines and Autoimmunity” (2015), mettono in evidenza come per diversi vaccini esistano i cosìddetti “no responder”, ovvero dei soggetti il cui sistema immunitario non risponde verso gli antigeni vaccinali (ottenuti anche attraverso la ricombinazione genica).
Questi autori hanno evidenziato (vedi screenshot) che, per non poche patologie per cui sono previste le vaccinazioni, i “no responder” non sono altro che dei soggetti il cui sistema immunitario (grazie ai polimorfismi di cui sono portatori) è “abilitato”a misconoscere (tutti o in parte)gli antigeni di origine semi-sintetica ormai sempre più diffusi nei vaccini.
Effetto dei vaccini sulle classi di HLA
Le percentuali dei portatori di questi polimorfismi che “disabilitano” il sistema immunitario nei confronti degli antigeni vaccinali sono ancora in fase di definizione ma se è vero, come sostengono i paladini della “herd immunity”, che il raggiungimento della soglia di copertura vaccinale di un qualunque vaccino viene raggiunto quando oltre il 95% della popolazione è stata vaccinata, allora come riescono questi “esperti” a giustificare il “non contributo” dei “non responder” all'”effetto gregge”?
E la perdita della pseudo-immunità (priva di memoria immunologica) che viene conferita dai vaccini e che in non pochi soggetti non viene nemmeno acquisita?
Come giustificare le sempre più frequenti reazioni avverse ai più diversi tipi di vaccini, sostenendo arbitrariamente che i soggetti danneggiati «erano predisposti»? E poi, «predisposti» rispetto a cosa? Ai componenti vaccinali che non sono mai stati testati singolarmente e/congiuntamente? In quali tabulati sono mai stati pubblicati, dalle case farmaceutiche, le predisposizioni verso i vaccini?
Come mai non è routinaria la titolazione anticorpale post-vaccinatoria a breve e a lungo termine?
In sintesi, vaccinare a tappeto nella speranza di prevenire una malattia è come giocare alla roulette russa, con la sola differenza che state delegando il “gioco” a qualcun altro che conosce male, oppure che travisa a suo esclusivo interesse, le “regole del gioco”…
Rif. a lavori di John Castiblanco e Juan-Manuel Anaya del “Center for Autoimmune Diseases Research” (CREA), School of Medicine and Health Sciences, Del Rosario University, Bogotá, Colombia.
Accresciuto rischio di reazioni avverse autoimmuni, più o meno gravi, nei soggetti adulti vaccinati con il vaccino Zostavax per Herpes Zoster della Merck. Ciò che forse non sapete è che poco prima di quello studio ne uscì un altro,
[Varicella Zoster Virus DNA at Inoculation Sites and in Saliva After Zostavax Immunization – The Journal of Infectious Diseases 2011;203:1542–5]in cui veniva evidenziata la presenza del DNA di “Varicella Zoster Virus” (VZV) nella saliva dei soggetti vaccinati con Zostavax.
Testualmente: “…….L’analisi di 36 soggetti di età superiore ai 60 anni sottoposti a immunizzazione con Zostavax ha rivelato che il DNA del virus varicella zoster (VZV) nei tamponi dei siti di inoculazione cutanea è stato ottenuto immediatamente dopo l’immunizzazione in 18 (50%) di 36 soggetti (numero di copie per nanogramma di DNA totale, da 28 a 2,1 3 106) e in saliva raccolti in 28 giorni in 21 (58%) di 36 soggetti (numero di copia, da 20 a 248).
L’analisi genotipica del DNA estratto da 9 campioni casuali di saliva ha identificato il virus del vaccino in tutti i casi. In alcuni soggetti immunizzati di età superiore ai 60 anni, il DNA del virus del vaccino viene rilasciato nella saliva fino a 4 settimane…..”
La Merck, preso atto del fallimentare successo del vaccino contro la varicella Varivax che induce la manifestazione precoce dell’herpes zoster (oggi è un fatto notissimo a livello clinico e scientifico!), per rimediare a questo “fallimento” pensò di sfornare un vaccino (Zostavax) per..l’herpes zoster con una “protezione”, peraltro mai dimostrata, non superiore ai 4 anni.
Nel solo 2016, questo vaccino rendeva alla Merck 749 milioni di dollari. Quando sono emerse le ricerche sui vaccini per l’herpes zoster di recente introduzione, è stato scoperto un modello familiare di malattie autoimmuni indotte proprio da questo vaccino.
Uno studio del 2013 sul “New England Journal of Medicine” ha rilevato.. “un aumento del 36% del tasso di eventi avversi gravi associati al vaccino contro l’herpes zoster in persone di età pari o superiore a 60 anni (rispetto a un gruppo di controllo)”, concludendo che, ” l’efficacia e la sicurezza del vaccino contro l’herpes zoster negli anziani sono molto discutibili. ”
Uno studio pubblicato due anni dopo ha scoperto che ” rispetto ai non esposti, i pazienti con vaccinazione contro lo zoster avevano 2,2 e 2,7 volte le probabilità di sviluppare l’artrite e l’alopecia, rispettivamente”.
In questo studio del 2019 viene prospettato l’insorgere della morte cardiaca improvvisa HPV a seguito di vaccinazione antipapilloma virus.
La morte cardiaca improvvisa (SCD) è una morte imprevista dovuta a cause cardiache che si verificano in un breve periodo di tempo (generalmente entro 1 ora dall’insorgenza dei sintomi) in una persona con malattia cardiaca nota o sconosciuta.
I pazienti con cardiomiopatie, miocardite, cardiopatia ischemica e canalopatie cardiache sono a rischio di SCD.
Tuttavia, una certa percentuale di casi di SCD negativi per autopsia nei giovani (<35 anni) rimane inspiegabile anche dopo un test genetico post mortem.
Gli autoanticorpi contro le proteine cardiache possono essere potenzialmente coinvolti nella patogenesi di diverse malattie cardiache e nel verificarsi di SCD inspiegabile.
In questa recensione analizziamo studi clinici e su animali che chiariscono la prevalenza di questi autoanticorpi in pazienti con diverse malattie cardiache e la loro rilevanza patofisiologica.
Una sola iniezione di vaccino HPV per distruggere una vita..
Proponiamo una classificazione degli autoanticorpi associati alle malattie cardiache e ci concentriamo sui loro effetti molecolari e cellulari. Gli anticorpi anti-beta recettori adrenergici e gli anticorpi anti-muscarinici per il recettore dell’acetilcolina influenzano le proprietà elettrofisiologiche del miocardio e sono stati segnalati come i predittori indipendenti di SCD in pazienti con diverse malattie cardiache.
Viene proposto un meccanismo autoimmune per le reazioni avverse cardiache conseguenti alla vaccinazione con papillomavirus umano (HPV).
La condivisione pentapeptidica tra antigeni, recettori adrenergici e recettori muscarinici dell’acetilcolina dell’HPV sostiene questa ipotesi.
Gli effetti disregolanti degli autoanticorpi contro i canali degli ioni calcio e potassio possono essere la base per le fenocopie autoimmuni delle canalopatie cardiache genetiche, che sono anche associate alla SCD.
L’istamina è una delle ammine biogene più versatili con molteplici ruoli durante la risposta immunitaria e nei disturbi allergici. Con quattro distinti recettori accoppiati a proteine G(H1R, HER, H3R e H4R), siti di legame istaminico intracellulare(molto probabilmente membri della famiglia del citocromo P450) e un trasportatore di membrana(Organic Cation Transporter; OCT3)espresso in varie cellule immunocompetenti , può intrattenere una complessa rete di interazioni. Queste “vie” di segnalazione sono espresse in modo differenziale, a seconda dello stadio di differenziazione o di attivazione delle cellule bersaglio, aggiungendo così un ulteriore grado di complessità al sistema. Per questo motivo, i dati pubblicati sono a volte in conflitto e variano a seconda del particolare tipo di cella o delle risposte analizzate e degli approcci sperimentali utilizzati.
D’altra parte, l’istamina è generata da diverse cellule durante la risposta immunitaria, non solo attraverso il rilascio di depositi intracellulari in mastociti o basofili in risposta a stimoli IgE-dipendenti o indipendenti, ma anche attraverso la neosintesi catalizzata dall’istidina decarbossilasi(HDC) in un certo numero di cellule ematopoietiche che secernono l’ammina immediatamente senza conservazione preliminare.
Queste caratteristiche consentono all’istamina di mettere a punto il sottile equilibrio tra immunità e tolleranza agendo sulle cellule dendritiche, sulle cellule immunoregolatrici, sulla polarizzazione delle cellule T e sulla produzione di citochine, aprendo la strada a nuove strategie farmacologiche per controllare la reattività immunitaria durante i disturbi immunitari, come l’autoimmunità.
Cos’è [01] un’infiammazione? Tale fase corrisponde molto genericamente alla risposta [02] del sistema immunitario a stimoli, sia interni che esterni.
Ci sono cinque segni che possono indicare[01] un’infiammazione acuta:
rossore
calore e/o aumento della temperatura corporea
gonfiore
dolore
perdita della funzionalità
Si verifica una perdita della funzionalità, ad esempio, quando l’infiammazione ad un arto ne rende impossibile il movimento o quando il [03] l’olfatto viene compromesso durante un raffreddore, oppure quando la respirazione diviene difficoltosa in casi di affezioni delle vie respiratorie.
Nota: non tutti i segni sono presenti in ogni [01] infiammazione: in alcuni casi essi si verificano “silenziosamente” e senza causare alcun sintomo.
Molte differenti [04] cellule immunitarie possono prendere parte ad [01] un’infiammazione, rilasciando sostanze diverse, chiamate mediatori dell’infiammazione: questi includono il [05] tessuto, gli [06] ormoni, la bradichinina – un composto rilasciato nel sangue in alcune circostanze che causa la contrazione della muscolatura liscia e la dilatazione dei vasi sanguigni. È un peptide che comprende nove residui di amminoacidi– e [07] l’istamina. Essi causano l’espansione dei [08] vasi sanguigni presenti nei tessuti infiammati, consentendo ad una maggiore quantità di sangue di raggiungere tali tessuti, che si arrossano e si riscaldano.
Quindi, l’infiammazione è innescata da una lesione o da una ferita dovuta a stimoli interni o esterni, nel nostro caso la dentizione: questa fase comporta uno stress meccanico (dovuto alla crescita dei denti) ed alla fine lacerazione di cellule e tessuti, che rilascia contenuti intracellulari nello spazio extracellulare attivando le cellule immunitarie residenti, che a loro volta rilasciano i cosiddetti “fattori pro-infiammatori”, un cocktail di diverse sostanze chimiche che attivano una poderosa risposta infiammatoria.
L’infiammazione stessa può anche causare patologie autoimmuni croniche.
Un’infiammazione non è sempre una risposta utile del corpo. In alcune malattie il sistema immunitario combatte per errore le proprie cellule, provocando reazioni infiammatorie dannose.
Istamina e sistema istaminergico
[09] Il concetto di “sistema istaminergico“ ha ottenuto l’accettazione generale solo nel 1984, dopo la dimostrazione immunoistochimica che il nucleo tuberomamillare (TM) era l’unica sede dei neuroni istaminergici e l’origine [10, 11]di proiezioni istaminergiche ampiamente distribuite. Ora si pensa che il sistema istaminergico dei nuclei tuberomamillari (TM) coordini gli stati generali di metabolismo e coscienza, incluso il letargo ed il componente sedativo dell’anestesia.
L’istamina è una molecola di segnalazione presente nello stomaco, nella pelle, nei sistemi immunitario e nervoso. L’ipotalamo posteriore è l’unica fonte di neuroni contenenti istamina, che innervano l’intero sistema nervoso centrale e sono attivi esclusivamente durante la veglia. Tre dei quattro recettori noti dell’istamina metabotropici sono ampiamente espressi nel cervello.
È formata all’interno e rilasciata dai neuroni del sistema nervoso centrale ed è un importante[09, 09a, 12]regolatore di diverse funzioni cerebrali. [13, 14]I recettori dell’istamina sono tutti espressi in modelli distinti nel cervello.
Paradossalmente, l’esistenza di ruoli ben consolidati per l’istamina al di fuori del sistema nervoso è un fattore che ha ostacolato l’accettazione di questa ammina in funzione di messaggero neuronale!
Oltre all’istamina, i nuclei tuberomamillari (TM) contengono altri neurotrasmettitori e modulatori: l’enzima sintetizzante qual è l’acido γ-amminobutirrico GABA e gli [15-17] anticorpi anti-GADA o decarbossilasi dell’acido glutammico (glutamic acid decarboxylase o GAD )[18]sono presenti in molteplici neuroni tuberomamillari.
Cellule contenenti (e rilasciatrici di) istamina
In molte specie, una percentuale significativa dell’istamina cerebrale totale si trova nei mastociti, da dove viene rilasciata e può influenzare i recettori neuronali, ad esempio durante l’infiammazione. Il [19] ricambio dell’istamina nei mastociti è molto più lento che nei neuroni (si veda l’immagine qui sopra)
L’attività dei neuroni istaminergici è [20, 21]alta durante il risveglio e l’attenzione, e bassi o assenti durante il sonno. Si ritiene che l’inibizione durante il sonno sia principalmente mediata dalla produzione di GABA dall’area preoptica ventrolaterale (VLPO), una regione del cervello che mostra un’elevata attività durante la fase di sonno profondo
Nell’amigdala [22]l’attivazione dei recettori istaminergici (o dell’istamina) H3 migliore il consolidamento della memoria della paura, mentre gli antagonisti dei recettori H3 [23]danneggiano tale memoria della paura. La somministrazione sistemica di R-α-metilistamina, sostanza antagonista dei recettori H3 – che avvia una risposta fisiologica in combinazione con un recettore –[24, 25]migliora la memoria spaziale nelle cavie da laboratorio, in specifico nei topi.
Somministrazione sistemica di R-α-metilistamina, sostanza agonista dei recettori H3.
I risultati sono coerenti con il concetto che l’istamina è coinvolta nei meccanismi limbici dell’apprendimento e della memoria, specialmente attraverso il recettore istaminergico H3.
«Riassumendo tutti i documenti scientifici e libri consultati,
l’attivazione di un piccolo numero di cellule classificate come ‘tuberomammillary’ (il cui nucleo è un sottonucleo del terzo posteriore dell’ipotalamo) è atta al rilascio di istamina, che aumenta successivamente l’eccitabilità nelle cellule bersaglio largamente diffuse nel cervello.
I neuroni istaminergici sono anche in grado di fornire una discreta e rapida neurotrasmissione nel cervello: un certo numero di altri sistemi di trasmettitori è in grado di interagire con i neuroni istaminergici. Il recettore H3 svolge la funzione di ***eterorecettore inibitorio*** [recettori che modulano (in senso positivo o negativo) il rilascio di altri neurotrasmettitori, neuromodulatori oppure neurormoni da parte di neuroni e/o cellule adiacenti].
Così, l’attivazione dei recettori dell’istamina H3 nel cervello diminuisce il rilascio di
• acetilcolina,
• dopamina,
• noradrenalina,
• serotonina,
• alcuni peptidi
Tuttavia, l’istamina – potente regolatore di molte funzioni ipotalamiche, fra cui le risposte neuroendocrine, in particolare il rilascio di vasopressina – può anche aumentare l’attività di alcuni di questi sistemi attraverso recettori H1 e/o H2
I neuroni istaminergici possono partecipare a questi processi, contribuendo a cambiamenti vascolari, ad alterazioni della barriera emato-encefalica, ad alterazioni della funzione immunitaria o addirittura alla morte delle cellule».
[09] Haas et al. – The role of histamine and the tuberomamillary nucleus in the nervous system | doi: 10.1038/nrn1034
[09a] Scott T. Brady. – Basic Neurochemistry – Principles of Molecular, Cellular and Medical Neurobiology – Eighth Edition | ISBN: 978-0-12-374947-5
[10] Panula, P., Yang, H. Y. & Costa, E. – Histamine-containing neurons in the rat hypothalamus. Proc. Natl Acad. Sci. USA 81, 2572–2576 (1984). The first direct demonstration of the histaminergic system in the brain; see also reference 11
[11] Watanabe, T et al. – Distribution of the histaminergic neuron system in the central nervous system of rats: a fluorescent immunohistochemical analysis with histidine decarboxylase as a marker. Brain Res. 295, 13–25 (1984). The first direct demonstration of the histaminergic system in the brain; see also reference 10. The research group oh Hiroshi Watanabe represented a major focus of histimanine research
[13] Bouthenet, M. L., Ruat, M., Sales, N., Garbarg, M. & Schwartz, J. C. – A detailed mapping of histamine histamine H1- receptors in guinea-pig central nervous system established by audiography with iodolpyramine | doi: 10.1016/0306-4522(88)90167-4
TheJ.C. Schwartz and his group have made some of the most important contributions in the fields of biochemistry and pharmacology of histamine in the brain. They detected and characterized the H2-autoreactor
[15] Sakai et al. – Sleep-Waking Discharge of Ventral Tuberomammillary Neurons in Wild-Type and Histidine Decarboxylase Knock-Out Mice | doi: 10.3389/fnbeh.2010.00053
[16] Vincent S.R et al. – Hypothalamic gamma-aminobutyric acid neurons project to the neocortex | doi: 10.1126/science.6857253
[17] Takeda N. et al. – Immunohistochemical evidence for the coexistence of histidine decarboxylase-like and glutamate decarboxylase-like immunoreactivities in nerve cells of the magnocellular nucleus of the posterior hypothalamus of rats | pmid: 6594708
[18] Ericson et al. – GABA-like immunoreactivity in the tuberomammillary nucleus: An electron microscopic study in the rat | doi: 10.1002/cne.903050309
[19] Jack R.Cooper et al. – The Biochemical Basis of Neuropharmacology | ISBN-10: 0-19-514007-9
[20] Helmut Haas & Pertti Panula – The role of histamine and the tuberomamillary nucleus in the nervous system | doi: 10.1038/nrn1034
[21] Parmentier et al. – Anatomical, Physiological, and Pharmacological Characteristics of Histidine Decarboxylase Knock-Out Mice: Evidence for the Role of Brain Histamine in Behavioral and Sleep–Wake Control | PMID: 12196593
[22] Cangioli et al. – Activation of histaminergic H3 receptors in the rat basolateral amygdala improves expression of fear memory and enhances acetylcholine release | doi: 10.1046/j.1460-9568.2002.02092.x
[23] Baldi et al. – The H3 receptor protean agonist proxyfan enhances the expression of fear memory in the rat | doi: 10.1016/j.neuropharm.2004.09.009
[24] Divya Vohora –The Third Histamine Receptor: Selective Ligands as Potential Therapeutic Agents in CNS Disorders | ISBN-10: 1-4200-5392-2
[25] Rubio et al. – Improvement of spatial memory by (R)-alpha-methylhistamine, a histamine H(3)-receptor agonist, on the Morris water-maze in rat | doi: 10.1016/S0166-4328(01)00328-X
Questa piccola collezione di studi scientifici evidenzia come le cause che possono indurre le encefalopatie definite erroneamente come “autismo”hanno come denominatore comune un’origine di tipo neurotossico. Dal mercurio all’alluminio, ai vaccini coniugati, all’elevato livello di anticorpi per il morbillo nei vaccinati con MPR, alla presenza di DNA fetale, all’insorgenza di una o più condizioni autoimmuni a livello del sistema nervoso centrale, all’alterazione profonda dei rapporti di equilibrio del microbiota gastroenterico, il loro ruolo nel determinare disturbi neurologici di diversa natura e a vario livello di gravità è oramai accertato (Davide Suraci, alias autoimmunityreactions, alias yellowbrain).
Vaccini e autismo
Commentary–Controversies surrounding mercury in vaccines: autism denial as impediment to universal immunisation.
What is regressive autism and why does it occur? Is it the consequence of multi-systemic dysfunction affecting the elimination of heavy metals and the ability to regulate neural temperature?
A two-phase study evaluating the relationship between Thimerosal-containing vaccine administration and the risk for an autism spectrum disorder diagnosis in the United States
Abnormal measles-mumps-rubella antibodies and CNS autoimmunity in children with autism.
Uno studio pubblicato sul Journal of Biomedical Sciences ha stabilito che l’autoimmunità verso il sistema nervoso centrale può giocare un ruolo causale nell’autismo. I ricercatori hanno scoperto che poiché molti bambini autistici ospitano elevati livelli di anticorpi del morbillo, devono condurre uno studio sierologico sugli autoanticorpi anti-morbillo-parotite-rosolia (MMR) e della proteina basica della mielina (MBP). Hanno usato campioni di siero di 125 bambini autistici e 92 bambini controllati. La loro analisi ha mostrato un aumento significativo del livello di anticorpi MMR nei bambini autistici. Lo studio conclude che i bambini autistici hanno avuto una risposta anticorpale inappropriata o anormale alla MMR. Lo studio ha determinato che l’autismo potrebbe essere il risultato di un’infezione atipica del morbillo che produce sintomi neurologici in alcuni bambini. La fonte di questo virus potrebbe essere una variante del morbillo-virus o potrebbe essere il vaccino MPR.
La prima causa nota di autismo fu il virus della rosolia. Questa causa di autismo è nota dagli anni ’60. E il virus della rosolia è uno dei tre virus vivi nel vaccino MMR.
“… il virus della rosolia è una delle poche cause conosciute di autismo. ” Walter A. Orenstein, M.D. US as Assistant Surgeon General, Director National Immunization Program in a letter to the UK’s Chief Medical Officer 15 February 2002.
[*questo riferimento lo trovate nell’archivio web della pagina CDC – occorre cercare o scorrere la pagina per vedere il testo il testo originale in inglese: “rubella virus is one of the few known causes of autism“. Poiché i documenti citati nella pagina originale dal CDC come prove per l’assenza di collegamenti con il vaccino sono stati costantemente screditati, sembra che il CDC abbia deciso di rimuovere la pagina e sembra che qualcuno abbia eliminato anche le versioni archiviate della pagina dall’archivio web ].
“…rubella virus is one of the few known causes of autism…”
Robert E. Weibel, Vito Caserta, David E. Benor, Geoffrey Evans
viene rilevato:
Un totale di 48 bambini, dai 10 ai 49 mesi, hanno soddisfatto i criteri di inclusione dopo aver ricevuto il vaccino contro il morbillo, da solo o in combinazione. Otto bambini sono morti e il resto ha avuto regressione e ritardo mentale, convulsioni croniche, deficit motori e sensoriali e disturbi del movimento. L’insorgenza di segni o sintomi neurologici si è verificata con una distribuzione non casuale e statisticamente significativa dei casi nei giorni 8 e 9. Nessun caso è stato identificato dopo la somministrazione di parotite monovalente o vaccino contro la rosolia.
E conclude:
Questo raggruppamento suggerisce che una relazione causale tra il vaccino contro il morbillo e l’encefalopatia può esistere come una rara complicanza dell’immunizzazione del morbillo.
L’attenzione di numerosi ricercatori è sempre più orientata alla ricerca delle cause, dei fisiologismi e delle conseguenze dello stress ossidativo. Comprendere i fisiologismi del danno ossidativo significa modificare radicalmente sia le modalità di approccio diagnostico che quelle terapeutiche. In questa disamina viene evidenziata la natura dello stress ossidativo e le sue varie tipologie, focalizzando l’attenzione sulla serie limitata del DNA mitocondriale e sul fatto che i danni individuati in questa serie sono numericamente superiori a quelli individuati nel DNA nucleare. L’espressività genica viene fortemente condizionata da moltissimi fattori stressogeni e, tra questi, i componenti vaccinali. Quali effetti sul metabolismo cellulare? Quali conseguenze sul metabolismo dei tessuti, degli organi, dei sistemi? Quali implicazioni con il numero sempre crescente di patologie autoimmuni? A voi il percorso di conoscenza. (Premessa a cura di Davide Suraci, alias autoimmunityreactions, alias yellowbrain)
Tipi di danni ossidativi a mitocondri e mtDNA
[1]È possibile che si verifichino diversi tipi di danni ossidativi, di cui solo una [1a]serie limitata è stata specificamente individuata nel DNA mitocondriale, mentre si sospetta che la [1b]maggior parte di questo tipo di danni si verifichi nei mitocondri a causa delle condizioni ossidative della matrice. [1c]È noto da oltre un decennio che il livello stazionario del danno ossidativo nell‘mtDNA è superiore a quello dell‘nDNA: [1b]il DNA mitocondriale subisce 3-10 volte più danni del DNA nucleare a seguito di stress ossidativo. I danni endogeni ed ambientali influiscono quindi sul metabolismo del DNA mitocondriale che, avendo delle limitatissime capacità di autoriparazione, è maggiormente soggetto a mutazioni.
DNA Mitocondriale (mtDNA)
Nel
medesimo periodo di tempo, i ricercatori hanno identificato e
misurato varie forme di [2]danno
endogeno ed ambientale del DNA mitocondriale o mtDNA
–ossia
il DNA collocato all’interno dei mitocondri con 16.569 paia di basi
e 37 geni che codificano 13 polipeptidi, 22 tRNA e 2rRNA, che è
coinvolto nella produzione di proteine necessarie alla respirazione
cellulare–
esplicando i suoi percorsi di riparazione. È interessante notare che
i mitocondri [2a]sembrano
contenere solo una parte dei molteplici meccanismi di riparazione
dell‘nDNA,
o DNA
nucleare,
anche se il loro tipo di danno [2b]caratterizza
anche il DNA mitocondriale, la cui ridotta capacità di riparazione
può quindi, in parte, spiegare l’alta frequenza di mutazioni
del cromosoma mitocondriale
[1b]Negli
ultimi 15 anni è stato effettivamente evinto che nei mitocondri
mancano gli enzimi necessari per la riparazione dell’escissione
nucleotidica, la via principale per l‘eliminazione degli addotti al
DNA –in
genetica molecolare, un addotto al DNA è un frammento
del DNA covalentemente legato ad una sostanza chimica,
che potrebbe rappresentare l‘inizio
della formazione di cellule cancerose–
risultanti dall’esposizione ai raggi UV,
dall‘esposizione/ingestione a/di idrocarburi policiclici aromatici
cancerogeni ed agenti chemioterapici
[2c]A
differenza del DNA
nucleare, caratterizzato
da meccanismi multipli per la propria riparazione, i mitocondri
appaiono dunque limitati nella loro capacità di correggere
tutte le possibili forme di danno sia proprie che al DNA
mitocondriale
[3]Poiché
la replicazione dell’mtDNA
dipende dalla trascrizione genica, un suo eventuale danno può
alterare l’espressione
genica mitocondriale nei seguenti modi:
•
causa
[3a]errori
di incorporazione del neuclotide del DNA-polimerasi di tipo γ che
portano a mutazioni
Le
mutazioni possono essere spontanee, ereditarie da parte di madre,
oppure il risultato appunto di difetti del DNA nucleare presenti in
quei geni che mantengono il DNA mitocondriale
•
[3b]interferisce
con il priming della replicazione dell‘mtDNA per quel che concerne
RNA-polimerasi;
La
replicazione del DNA mitocondriale e la correlata trascrizione sono
strettamente correlate, in quanto il sistema per la
trascrizione mitocondriale fornisce le trascrizioni per i primer RNA
per la replicazione di DNA mitocondriale ed espressione genica
• induce [3c]mutagenesi trascrizionale oppure terminazione prematura della trascrizione
DNA mitocondriale mutato e DNA mitocondriale normale e come possono essere trasmessi alla discendenza tramite l’oocita con amplificazione del mtDNA.
L‘espressione genica mitocondriale è fondamentale per mantenere l’omeostasi cellulare: il suo controllo è unico in quanto i suoi componenti hanno doppia origine nei mitocondri (tutti gli RNA) e nel nucleo (tutti i fattori proteici). La regolazione della sintesi e della degradazione degli mtRNA, ossia RNA mitocondriali, determina i livelli stazionari delle proteine codificate a livello mitocondriale, permettendo così un accurato controllo del metabolismo energetico mitocondriale, creando quindi quelle basi affinché le cellule possano adattarsi alle variazioni degli stress ambientali e soddisfare le nuove richieste di energia cellulare. I difetti nell’espressione genica mitocondriale possono portare a disfunzioni della catena respiratoria con conseguente fenotipo di malattia multisistemica, che colpisce prevalentemente i tessuti muscolari e neuronali
[4]La replicazione e la funzione mitocondriale richiedono proteine codificate nel DNA nucleare; pertanto, la loro funzione nel complesso è sotto doppio controllo genetico
Ruolo e funzioni dei mitocondri
I [4]mitocondri ospitano il piccolo genoma circolare nelle cellule umane che è essenziale per la vita
Le
molteplici funzioni svolte dai mitocondri,
in particolare il loro [4a]coinvolgimento
nella regolazione della risposta immunitaria innata, ne fanno un
bersaglio privilegiato per i patogeni batterici in quanto
rappresentano una [4b]componente
chiave del metabolismo centrale attraverso la produzione e
la sintesi di adenosina trifosfato (in inglese Adenosine
Triphosphate o ATP) e di varie biomolecole
[4c]Tutte
le vie metaboliche della degradazione
ossidativa di
carboidrati, acidi grassi ed amminoacidi convergono in una tappa
finale, in cui l’energia prodotta dalle ossidazioni viene
utilizzata per la sintesi di adenosina
trifosfato o ATP,
che
si verifica in seguito al trasferimento degli elettroni, sottratti
durante le ossidazioni, all’ossigeno
Oltre
ad avere un ruolo cardine nella [4a]risposta
immunitaria innata, i mitocondri
partecipano anche alla [4d]segnalazione
cellulare attraverso la produzione di specie reattive
dell’ossigeno (in inglese reactive oxygen species o ROS)
che danneggiano i lipidi di membrana e le proteine, oltre al DNA
mitocondriale o mtDNA
ed infine il [4e]controllo
dell’omeostasi del calcio e il controllo della sopravvivenza
cellulare / morte cellulare programmata
Caratteristica
dei mitocondri
è che [5]l’ambiente
della matrice mitocondriale è piuttosto inospitale per le
macromolecole che vi risiedono. Sia la [5a]capacità
metabolica che la composizione della membrana dei mitocondri rendono
la matrice di questi organelli un probabile sito per la generazione
di una serie di aldeidi reattive. Le aldeidi, prodotte
fisiologicamente nei nostri tessuti, vengono secrete in aumentato
numero, ad esempio durante il metabolismo degli alcolici, e possono
entrare nell’organismo umano anche dall’ambiente, dove sono
presenti con altri agenti reattivi
Durante
la normale risposta immunitaria, [5b]i
mitocondri divengono promotori dell’infiammazione,
che svolge un ruolo cardine: [5c]l’infiammazione
è il tentativo dell’organismo di proteggersi da situazioni nelle
quali, senza essa ed i suoi effetti secondari che svolgono un ruolo
di limite, avverrebbero conseguenze più dannose
Il
suddetto concetto viene megnificamente esplicitato dal Prof.
Dr. George Vithoulkas insieme allo studioso ricercatore Stefano
Carlino nella loro pubblicazione scientifica dal titolo [5c]«The
“continuum” of a unified theory of disease»,
che porta in evidenza come l’organismo umano invii tutta una serie
di segnali (i c.d. sintomi)
in modo tale che essi possano essere accompagnati dolcemente,
piuttosto che soppressi, rispettando quindi l’organismo nella sua
interezza e totalità. Qualora si “sopprima” un sintomo,
evitando d’ascoltare il messaggio che esso porta, ecco che nel
tempo la serie di segnali aumenta in termini d’intensità e
profondità sino a coinvolgere in crescendo gli organi vitali più
importanti: in caso anche dopo tale fase questi segnali continuino ad
esser ignorati sopprimendone i sintomi, diverranno ulteriormente
intensi e prenderanno il sopravvento su tutto l’organismo
[5d]Lo
stress
ossidativo
–noto
come causa di induzione di allergie, patologie autoimmuni o
neurodegenerative con alterazione della crescita cellulare ed
infezioni croniche–
prodotto da un’infiammazione irrisolta e persistente (low
grade inflammation)
può esser un fattore importante coinvolto nel cambiamento della
dinamica delle risposte immunitarie, apportando alterazioni che
creano un caos immunologico con conseguente perdita di integrità
architettonica delle cellule e dei tessuti, portando a condizioni
croniche e/o neoplasia, cancro metastatico ed angiogenesi
Ad
ulteriore conferma del suddetto concetto vi è quanto scoperto nello
[5e]studio
scientifico «Stimulated
Human Mast Cells Secrete Mitochondrial Components That Have Autocrine
and Paracrine Inflammatory Actions»:
la somministrazione intraperitoneale di mtDNA isolato da cellule LAD2
nei ratti è stato rilevato nel loro siero entro 4 ore, indicando che
mtDNA extravascolare potrebbe entrare nella circolazione sistemica.
La secrezione dei componenti mitocondriali da parte dei mastociti
vivi stimolati può agire come “autopatogeno” contribuendo alla
patogenesi delle malattie infiammatorie
Le
molteplici sostanze chimiche presenti nell’ambiente, i metaboliti
dei componenti dietetici, i farmaci nelle terapie cliniche e/o in
generale le procedure mediche, oltre all’esposizione ai raggi UV
–si
noti che [Ib,
II]l’irradiazione
con la luce solare è
un fattore differente ed ha un ruolo importantissimo per la reazione
enzimatica e la [I]fosforilazione
ossidativa,
tematica qui di seguito approfondita–
sono fonti esterne di danni al DNA mitocondriale
[IIIa]I succitati elementi amplificano nell’organismo la produzione di lesioni endogene del DNA e generano addotti unici al DNA, oltre a – fra i molteplici possibili effetti consequenziali – inibire la trascrizione mitocondriale. Pertanto, nella valutazione dell’esposizione ambientale o della tossicità di una profilasi farmacologica, si dovrebbe considerare come possibile conseguenza la disfunzione dell’espressione genica mitocondriale o la mutagenesi dell’mtDNA
Danni al DNA nucleare versus DNA mitocondriale
[6]Mentre
il DNA nucleare è racchiuso in nucleosomi,
le molecole di mtDNA sono strettamente associate alla matrice
mitocondriale e formano strutture compatte quali i nucleoidi
A
differenza dei geni nucleari, ognuno dei quali ha spesso più
promotori dedicati,
[6a]tutti
i geni mitocondriali sono espressi insieme da tre soli promotori, che
sono riconosciuti dal meccanismo di trascrizione basale
mitocondriale: la polimerasi dell’RNA mitocondriale, e i fattori di
trascrizione mitocondriale Tfam e Tfb2m
I
nucleotidi
sono composti da complessi proteici che includono proteine coinvolte
nella replicazione e nella trascrizione, come i seguenti tre
promotori dei geni mitocondriali:
•
fattore
di trascrizione mitocondriale A, che svolge un ruolo
significativo nella replicazione dell’mtDNA,
nella trascrizione e nella struttura/organizzazione del nucleoide
mitocondriale;
•
polimerasi
gamma, che è coinvolto nel mantenimento della stabilità
genomica mitocondriale;
•
proteina
legante a singolo filamento mitocondriale (in inglese
single-strand binding protein o RPA), che
insieme al fattore di trascrizione
mitocondriale A ha il compito di sintetizzare una replica
esatta del genoma mitocondriale durante il processo di replicazione
Per
combattere i danni al DNA
nucleare,
i mitocondri possiedono percorsi di riparazione che comprendono
proteine
di riparazione codificate da geni nucleari che vengono trasportate ai
mitocondri.
È ancora piuttosto poco chiaro se questi enzimi di riparazione
preesistano nei mitocondri al momento del danno o vi si trasferiscano
in risposta ai segnali di danno
Le
vie di riparazione del DNA
nucleare
sono le seguenti:
•
[2a]inversione
diretta (in inglese direct
reversal
o DR)
tramite il controllo dell’attività
del gene glycosylasea uracile DNA (UNG) negli estratti mitocondriali;
•
riparazione
del disequilibrio (in inglese mismatch
repair
o MMR)
tramite la correzione dei disallineamenti nel DNA della polimerasi
-sintetizzato;
•
riparazione
della rottura del doppio filamento (in inglese double-strand
break repair
o DSBR)
tramite la replicazione dei filamenti di DNA principali e dei
filamenti di DNA in fase di sviluppo;
•
riparazione
dell’escissione di base (in inglese base
excision repair
o BER),
che inizia con riconoscimento
ed eliminazione di una base danneggiata oppure inadeguata da parte
della glicosilasi del DNA che scinde il legame N-glicosilico fra la
base ed il glucosio;
•
sintesi
della translesione (in inglese translesion
synthesis
o TLS),
comporta
il passaggio temporaneo dalle polimerasi δ e ε replicative alle
polimerasi a rischio di errore, come la pol η, con siti attivi
abbastanza grandi che possono ospitare lesioni del DNA, permettendo
così il loro bypass
Un
ampio [6b]spettro
di danni sia al DNA
nucleare
che al DNA
mitocondriale
viene arrecato dagli ossidanti liberi sia radicali che non radicali
generati all’interno delle cellule
In
tale range sono comprese [6c]piccole
modifiche alle basi, come 8-oxo-2′-deossiguanosina (8-oxo-dG) o
8-oxo-7,8-diidro-2′-deossiguanosina (8-oxodG) –sia
nel DNA
nucleare
che mitocondriale
è una delle forme predominanti di lesioni
ossidative
indotte dai radicali liberi ed è stata quindi ampiamente utilizzata
come biomarcatore per lo stress ossidativo e la carcinogenesi–
ed [6d]insulti
alla spina
dorsale zucchero-fosfato –importante
componente strutturale del DNA
nucleare
che si compone di 5 zuccheri carboni disossiribososio e gruppi
fosfato, estremamente importanti nella funzione del DNA
nucleare
stesso–
come siti
abasici,
anelli
ossidati di desossiribosio
e rotture
del filamento del DNA,
solo per citarne alcuni
[1b,
2c]Fino
ad oggi, solo una serie limitata di questi danni caratteristici sia
del DNA
nucleare
che del DNA
mitocondriale
sono stati specificamente rilevati in
quest‘ultimo,
ma si sospetta che la maggior parte di essi si verifichi nei
mitocondri,
a causa delle condizioni ossidative della matrice
mitocondriale
I
casi di danno dei [7]siti
abasici, dovuti principalmente alla perdita di purina dal DNA, si
verificano ad un livello stazionario di >50.000 siti per cellula
nei tessuti dei mammiferi. Il [7a]cervello,
ricco di mitocondri, ha il maggior numero di siti abasici
Il
2′-deossiriboso del sito abasico può essere [7b]ossidato
per formare zuccheri modificati e rotture di singoli filamenti. I
siti abasici e le rotture del filamento a filo singolo (in inglese
single
strand breaks
o SSBs)
sembrano essere le forme predominanti di danno all‘mtDNA
prodotto da H2O2
–perossido
di idrogeno,
noto anche come acqua
ossigenata,
è il più semplice dei perossidi–
e dallo stress ossidativo indotto dai rotenoni nelle cellule in
coltura
Oltre a danneggiare direttamente il cromosoma mitocondriale, [8]gli ossidanti biologici possono reagire con i nucleotidi liberi producendo substrati aberranti per la sintesi del DNA mitocondriale e dell’RNA: mentre i mitocondri possiedono un enzima in grado ad esempio di eliminare 8-oxo-2′-deossiguanosina (8-oxo-dG) dal gruppo di substrati, possono verificarsi e persistere anche altri danni ai nucleotidi
Fosforilazione e fotocatalisi
[I]La fosforilazione ossidativa –nelle cellule eucariotiche ha luogo nei mitocondri –corrisponde alla sintesi di ATP ed induce la generazione di [Ia]una serie di molecole reattive all’interno dei mitocondri, a causa della fuga di elettroni dalla catena di trasporto; [Ib]in tale contesto la fotocatalisi –sistema catalitico attualmente poco noto che applica l’irraggiamento solare e reazioni foto-chimiche– implica raggiungere/attivare nei mitocondri i processi di eccitazione degli atomi delle molecole di acqua presenti nei mitocondri stessi, decomponendone alcune molecole in ossigeno e idrogeno, rilasciando quindi elettroni
I processi metabolici nei mitocondri generano [3a]lesioni del DNA che è impossibile riparare ed interferiscono con la replicazione e la trascrizione dell’mtDNA per tutti quei tessuti altamente dipendenti dall’ossigeno e quindi dalla fosforilazione ossidativa, anche indirettamente correlati in quanto semplicemente beneficiano degli effetti conseguenti alla fosforilazione stessa, come [II]quelli di:
• cervello,
in specifico sistema nervoso centrale e periferico;
• muscolo cardiaco, scheletrico e muscolatura liscia in generis;
• pancreas, in specifico cellule β pancreatiche produttrici di insulina;
• reni
Al
contempo si evidenzia che [Ib,
III]negli
ultimi anni sono stati trovati numerosi enzimi che mostrano uno
spettro di reazione completamente diverso o esteso in conseguenza
alla fotocatalisi
, ossia all’irradiazione
con la luce solare,
in specifico a tipo, quantità e latitudine di irradiazione solare
giornaliera
Ad
oggi [IV]l’attivazione
fotochimica degli enzimi non è ancora diventata un approccio
standard: uno dei fattori limitanti è stata la cinetica
relativamente scarsa di trasferimento degli elettroni fotoeccitati
all’enzima, un altro è rappresentato dalla generazione di forti
ossidanti e radicali liberi reattivi
[8a]Una
degradazione dell’mtDNA
si verifica per compensare lo squilibrio del gruppo nucleotidico, al
fine di ripristinare i rapporti di nucleotidi necessari per una
corretta sintesi del DNA
mitocondriale stesso
I
genomi ed i loro nucleotidi precursori sono altamente esposti a
specie reattive dell’ossigeno (in inglese reactive oxygen
species o ROS), generati sia come sottoprodotti
della respirazione dell‘ossigeno o esecutori molecolari nella
difesa dell‘ospite, sia per esposizione ambientale a radiazioni
ionizzanti e sostanze chimiche
Il
[9]superossido,
non potendo diffondersi attraverso la membrana mitocondriale interna
(in inglese Inner Mitochondrial Membrane o IMM)
si limita alla matrice mitocondriale, dove può interagire con
le proteine Fe-S per liberar ferro / esser convertito in perossido di
idrogeno dalla dismutasi manganese-superossido, Mn-SOD
[9a]
Il perossido
di idrogeno, a differenza del superossido, può diffondersi
attraverso la membrana mitocondriale interna, eppure rimanendo nella
matrice può essere sottoposto alla chimica di Fenton con Fe(II) per
produrre radicali idrossili, altamente reattivi nei confronti del DNA
e degli acidi grassi polinsaturi (in inglese Polyunsaturated Fatty
Acids o PUFAs)
[9b]L’auto-ossidazione
dei legami insaturi negli acidi grassi polinsaturi porta alla
formazione di prodotti aldeidi distintivi che vengono regolarmente
neutralizzati dalla coniugazione del glutatione
o dall’attività dell’aldeide
deidrogenasi nei mitocondri
[10]Le
membrane esterna mitocondriale e quella plasmatica cellulare, i DNA
nucleare e mitocondriale possono essere esposti ad una diversa
miscela di aldeidi α,β-insaturi, ossidanti non radicali –i
più diffusi sono 4-HNE,
malondialdeide
(MDA),
acroleina
e crotonaldeide–
in grado d’indurre alterazioni delle proteine e del DNA
mitocondriale
nella matrice e di diffondersi verso l’esterno attraverso la
membrana
mitocondriale interna
Negli
ultimi anni sono stati studiati i [11]polimorfismi
mitocondriali del DNA e le mutazioni somatiche, al fine di
comprendere l’ereditarietà delle patologie umane, la longevità e
la migrazione delle popolazioni: alcune sequenze del cromosoma del
DNA mitocondriale sembrano essere instabili nel corso naturale
dell’invecchiamento, così come molte variazioni di singoli
nucleotidi nel mtDNA sono benigne, ma alcune favoriscono l’insorgenza
di patologie
La
[11a]neurodegenerazione
osservata durante sia l’invecchiamento che alcune patologie può
insorgere a causa di insulti multipli che impattano
sull’mtDNA, alcuni dei quali possono inibire la sintesi di pol γ
per indurre mutagenesi e delezioni di mtDNA
Le cellule [11b]possono contenere migliaia di copie del cromosoma mitocondriale, e prima che in una cellula sorgano fenotipi biochimici dev’essere compromesso un determinato livello di soglia dell‘mtDNA: parrebbe quindi esserci un [11c]controllo orchestrato delle condizioni della matrice mitocondriale, della dinamica mitocondriale e dei meccanismi di mantenimento dell‘mtDNA che permettono un cambiamento genetico naturale, prevenendo al contempo mutazioni e degradazione patogenetiche dell‘mtDNA
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